«Tutte le parole giuste» del vocabolario di ogni singola lingua del mondo non basterebbero a raccontare la grandezza di Che razza di libro di Jason Mott (NN Editore, traduzione di Valentina Daniele, Maggio 2022). Perché è questo il punto focale della storia: sul razzismo in America, su cosa significa avere la pelle scura, anzi proprio nera, in uno dei paesi che ha fatto della civilizzazione e della democrazia il suo marchio di fabbrica quasi fosse un brand da esportare in ogni dove, sono stati scritti centinaia di libri eppure milioni di parole non bastano ancora a spiegare razionalmente perché, ancora, per un ragazzino afroamericano le regole sono diverse e c’è bisogno di sapere «come ti devi comportare se incontri la polizia, […] come ti devi comportare se sei nato nel Sud».
Vincitore del National Book Award 2021, Che razza di libro di Jason Mott racconta la storia semi-vera di uno scrittore americano che ha appena pubblicato il suo primo romanzo, un libro che gli ha procurato un immediato quanto notevole successo.
Ed è proprio durante il tour promozionale, fra interviste (accuratamente preparate in anticipo dal suo media trainer), avventure amorose, sbronze, incontri esilaranti, avventure di ogni tipo, che incappa in un ragazzino dalla pelle nerissima che da quel momento in poi lo segue come un’ombra. A ogni tappa del tour il Ragazzino racconta qualcosa di sé, affermando che i suoi genitori gli hanno insegnato a diventare invisibile, per proteggersi dalla brutalità del mondo. E in effetti, lo scrittore è l’unico in grado di vederlo, ma poiché è affetto da una strana malattia che gli impedisce di distinguere la realtà dal sogno è certo che si tratti di una semplice allucinazione. Ben presto, però, le sue visioni hanno il sopravvento, mettendolo di fronte a un passato che da sempre cerca di sfuggire, una verità che preme per liberarsi e ritrovare corpo e voce.
Nella narrazione si alternano i due protagonisti, entrambi senza nome: l’autore e il Ragazzino (di cui, tuttavia, sappiamo il soprannome affibbiatogli dai compagni di scuola – Fuliggine – , nomignolo chiaramente dispregiativo) raccontano ognuno la propria storia, o frammenti di essa, lasciando, tuttavia il lettore con un tarlo penetrante. È una storia o sono due storie? Siamo di fronte a due binari paralleli o a un binario di scambio?

Che razza di libro, già buffo, tragico ed emotivamente commovente, è anche il libro più maledettamente intelligente che abbia mai letto proprio perché straordinariamente assurdo, ma soprattutto esigente nei confronti del lettore, il che, per quanto mi riguarda rappresenta un connubio narrativo perfetto. Perché sfida continuamente il lettore a capire cosa sia reale e cosa proiezione immaginaria, proprio come avviene nello scrittore a causa della sua “condizione”. Perché è come cadere in una vertigine e non arrivare mai a toccare il fondo, né per sprofondare né per risollevarsi.
Jason Mott ha scritto un libro sulla condizione dei neri in America, che però è anche un libro sull’importanza delle parole, sulle storie che si intrecciano e non si districano e quindi sull’editoria e i suoi meccanismi, affermazione, questa, che butto qui, ché per approfondirla ci vorrebbe tutta un’altra dissertazione ma che trovo importante e affido a voi il compito di approfondirla.
Per esempio: c’è una scena a circa un quarto del libro in cui l’autista della limousine dello scrittore gli dice che è nero e questi ha una specie di rivelazione. Ma non solo lo scrittore, anche il lettore che, fino a quel momento, ha dato, verosimilmente, per scontato che il narratore sia bianco. E allora viene spontaneo domandarsi: in un libro l’identità del narratore deve necessariamente coincidere con la sua affidabilità, con l’idea che si è fatto di lui il lettore, prima che scatti il meccanismo del giudizio e pregiudizio? Cambia la lettura sapere che un personaggio non assomiglia a quello che pensavi che fosse?
E giù di riflessioni che impigliano il pensiero in un rincorrersi di spunti che sono come micce per altre riflessioni e altri spunti in un vortice semplicemente bellissimo, un’esperienza di lettura catartica e infinita al tempo stesso.
Sì, ci sono molti libri che trattano del razzismo in America, così tanti che molti ce li si dimentica; così tanti che «proverai a ricordarli ma alla fine la tua mente sarà troppo piena, e loro traboccheranno e te li lascerai alle spalle». Però, ecco, non dimenticate mai Che razza di libro di Jason Mott. Per non odiarvi. Per non odiare il mondo. «Per amare tutti. Amare apertamente. Per trattare le persone come persone» senza guardare il colore della pelle.