Il mistero del lago dei cigni di Erin Kelly (Newton Compton Editore) è più di un thriller impossibile da dimenticare. È un inno alla danza e ai ballerini, ai loro sacrifici, ai loro sogni, a tutto ciò che c’è dietro le due ore di spettacolo che noi da fruitori guardiamo e godiamo senza pensare alla mole di impegno profuso, alle tante ore di prove, alle vite spese, letteralmente, per stare su quel palco in quel momento per noi.
Esemplificativa è la scelta dell’autrice di porre al centro della scena… pardon… della trama quello che personalmente considero il balletto dei balletti, Il lago dei cigni, del quale, narra la leggenda, il grande compositore russo Čaikovskij scrisse la partitura (l’opera 20, suite per balletto) ispirato dalla fiaba tedesca Il velo rubato di Johann Karl August Musäus dopo averla raccontata una sera ai nipoti.
E, prima di entrare nel vivo de Il mistero del lago dei cigni di Erin Kelly, è forse il caso di spendere due parole proprio sulla trama e sulla storia del popolare balletto. La storia, indiscutibilmente romantica, racconta della principessa Odette che un crudele sortilegio del Conte (e mago) Rothbart, costringe a trascorrere le ore del giorno sotto le sembianze di un cigno bianco, potendo ritornare umana solo di notte. La maledizione potrà essere sconfitta soltanto da un giuramento d’amore eterno. Il principe Sigfrid, il giorno del suo compleanno, uscito nottetempo e arrivato nella foresta che custodisce il lago dei cigni, si imbatte in Odette, se ne innamora e promette di salvarla. Alla festa nella sua reggia organizzata dalla madre per potergli consentire l’incontro (e la scelta) con una nobile gentildonna da portare all’altare, Rothbart, intercettata la passione tra Sigfried e Odette, presenta sua figlia Odile che, nel frattempo, ha assunto le sembianze della principessa. E il principe, convinto di trovarsi al cospetto della sua amata, le giura eterno amore. A quel punto il mago rivela la vera identità della fanciulla e Odette, destinata alla morte, scompare nelle acque del lago. Sigfrid, disperato, decide di seguirla: è proprio questo suo gesto a rompere l’incantesimo consentendo ai due giovani innamorati di vivere per sempre felici.
O forse no.
Forse è ormai troppo tardi per salvare Odette, la principessa/cigno che muore. Il balletto, coreografato originariamente da Julius Wenzel Reisinger e poi (nella versione più conosciuta, quella portata in scena dopo il 1876) da Marius Petipa e Lev Ivanov ha finali diversi che contemplano sia la morte che la salvezza di Odette, lasciando allo spettatore il gusto e il pathos della sorpresa.

Quello che resta invece sempre fisso nella rappresentazione è l’emblematica ambivalenza tra cigno bianco e cigno nero, bene e male, amore e morte. Non è un caso, peraltro, che a interpretare Odette e Odile sia sempre la stessa ballerina non essendo mai, le due, sul palco simultaneamente a parte che in un piccolo frammento del balletto, il momento in cui il cigno bianco Odette appare alla finestra del palazzo reale, durante la festa, proprio mentre Sigfried sta danzando con la sua antagonista Odile. Si tratta davvero di una manciata di secondi – chi conosce il balletto lo sa – che se non fosse per il maestrale gioco di luci passerebbe inosservato. E tuttavia, nell’economia del balletto, richiede la presenza di un secondo cigno.

Ed è proprio dalla scelta del secondo cigno da parte del London Russian Ballet che prende l’abbrivio il thriller della Kelly. La messa in scena de Il lago dei cigni deve essere il coronamento della carriera di Ava Kirilova e celebrare l’apoteosi del padre, Nicky Kirilov, ex ballerino e ora direttore di una delle più prestigiose compagnie di ballo internazionali. Ma la London Russian Ballet non è solo una compagnia di danza; è soprattutto una scuola, tra le più dure, che forma i ballerini come se fossero militari. Selezionati a partire dai dodici anni in poi, vivono letteralmente rinchiusi in un casermone (che sta finalmente per essere ristrutturato approfittando dei mesi della tournée) chiamato Gulag. Ferrea disciplina, insegnamenti al limite del marziale, lontani dalle famiglie, gli allievi della scuola vivono praticamente tagliati fuori dal mondo: niente cellullari, stipendio rigorosamente in contanti, le poche esigenze che restano delegate alla compagnia. Eppure, non c’è un membro del corp de ballet che non veneri Nicky e non sogni di essere nei panni di sua figlia Ava. Tanto più adesso che stanno per portare in scena l’opera più rappresentativa. Ma alla vigilia della serata della prima, una catena di infortuni e incidenti sembra congiurare affinché il duro lavoro di una vita fallisca e Ava non possa realizzare la sua grande aspirazione. Ma è davvero tutto come sembra? Come nel doppio Odette/Odile, chi incarna il bene e chi il male? Chi è il cigno nero e chi il cigno bianco? E chi è il secondo cigno dalla fugace apparizione? E quali rapporti sotterranei intrecciano vite apparentemente distanti tra loro?
Il romanzo, un thriller psicologico intenso e sfaccettato che inaspettatamente ci porta anche nell’Ucraina dei primi anni di quella che poi sarebbe diventata l’odierna, ennesima, odiosa guerra, prende in prestito dal balletto molti elementi: la partizione in quattro atti, la struttura complicata e fuori dagli schemi, infinite incognite drammaturgiche rese narrativamente attraverso una prosa precisa e puntuale, che riflette l’armonia intrinseca della musica di Čaikovskij.
Sullo sfondo di una Londra avvolta da una morsa di caldo mai conosciuta prima, Erin Kelly tesse una trama in cui il lettore non sa mai dove porterà il filo che segue, un gioco di specchi che lascerà senza fiato, come dopo una serie di fouetté en tournant fino a scoprire chi si cela dietro il Mistero del Lago dei cigni.