Gli amici di Brusuglio di Isabella Becherucci

Con Gli amici di Brusuglio (Giulio Perrone editore) Isabella Becherucci realizza una piccola impresa: consegnare al lettore l’immagine di un Alessandro Manzoni meno strizzata nei panni del primo romanziere d’Italia e più aperta a quella di un uomo (figlio, padre, marito e amico) che si trova ad affrontare e contribuire a uno dei momenti più critici dell’italica Storia: la sua unità politica.

Quel «sciacquare i panni in Arno» per confermare la lingua dei Promessi Sposi aveva già innalzato lo scrittore milanese a padre culturale del nascente regno unitario, ma il suo afflato verso un Paese libero e politicamente autodeterminato, libero da occupazioni e dominazioni, era iniziato molto prima, fin dalla sua più che infatuazione per Napoleone e le sue imprese.

La Becherucci la prende alla larga, dal ritrovamento nella villa della famiglia Salvotti, a San Giorgio, a Trento (ancora provincia dell’impero austroungarico), di un misterioso manoscritto che il padre Antonio ha lasciato al figlio Scipio e contenente una denuncia di tradimento nei confronti di Alessandro Manzoni. Siamo nel 1866, l’Italia è parzialmente unita da soli cinque anni e Manzoni è considerato un simbolo e un esempio di patriottismo a cui pare aver contribuito soltanto attraverso il suo lavoro di scrittore. E se avesse, invece, contribuito altrimenti? Più fattivamente, per così dire…

All’interno di questa cornice, l’autrice ci trasporta ancora più indietro nel tempo, a conoscere un giovanissimo Alessandro che, dopo la morte di Carlo Imbonati, si riavvicina alla madre Giulia Beccaria, allontanandosi nel contempo sempre di più dal padre, Don Pietro. Sono gli anni del circolo parigino e di Claude Fauriel, delle seduzioni illuministe, della conoscenza con Enrichetta Blondel e del primo matrimonio. Ma sono anche gli anni della conversione al cattolicesimo, del ritorno in patria, della ricerca di un equilibrio spirituale e famigliare nella villa del Brusuglio, ereditata da Carlo Imbonati. Proprio la residenza di Brusuglio diventa, anche sotto la prudente egida di Donna Giulia, il centro di una fitta rete di amicizie che seguono attentamente le vicende politiche internazionali che vedono in pochi anni l’Europa cambiare e passare dal trionfalismo napoleonico al claustrofobico ritorno all’ancien règime, vicende in cui l’Italia è, come sempre, pedina di scambio tra le grandi potenze. È qui che i vari Visconti, Cattaneo, Grossi, Confalonieri, Torti, Castillia si riuniscono alla ricerca di soluzioni meno diplomatiche e più concrete per slegare, se non l’Italia tutta, quantomeno il Lombardo-Veneto dal giogo straniero. Ma tra questi si cela pure il delatore che denuncerà gli altri, e con loro Manzoni, alle autorità, l’autore delle memorie che più tardi confluiranno nel manoscritto ritrovato da Scipio Salvotti. Chi è costui?

Gli amici di Brusuglio

L’accuratezza storica, il fine lavoro critico e filologico sulla composizione del cosiddetto quindicennio creativo (Gli inni sacri, Le odi civili, Il cinque Maggio L’Adelchi, Marzo 1821, i primi accenni al Fermo e Lucia), non devono trarre in inganno il lettore: Gli amici di Brusuglio non è l’ennesima biografia di Manzoni mascherata da romanzo. Non sono solo il “pretesto narrativo” e il supposto giallo storico della denuncia a dare corposità e spessore alla trama, ma il profondo intaglio psicologico a cui tutti i personaggi vengono sottoposti, non solo il protagonista, ma soprattutto Giulia ed Enrichetta, proscenio e non sfondo della narrazione. Se a questo uniamo il fitto ordito della trama che tesse pazientemente più fili senza annodarne alcuno, ecco che ci troviamo di fronte a un’opera che gioca sul delicato equilibrio del vero con il verosimile (non a caso, si potrebbe aggiungere) in una storia che scivola fluidamente, pagina dopo pagina, regalando emozioni e stimoli di riflessioni, ma soprattutto liberando Alessandro Manzoni dalla prigione delle nozioni scolastiche che tutti, più o meno, conosciamo.

Gli amici di Brusuglio è il primo romanzo di Isabella Becherucci, docente di Letteratura Italiana presso l’Università Europea di Roma, già membro del Centro Nazionale di Studi manzoniani.     

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