La volta di troppo di Caterina Falconi

La volta di troppo di Caterina Falconi (Clown Bianco Editore) è un noir originalissimo che si legge fin troppo velocemente. Per fortuna, tuttavia, non si dimentica con altrettanta facilità e lo si sente riecheggiare nelle stanze della nostra mente per giorni e giorni a venire: una catena di stimoli di riflessione e interrogativi che non mollano la presa e che, su questo c’è da scommetterci, renderà diverso il vostro rapporto coi social dopo la lettura.

Rebecca è una ex cronista di cronaca nera, ormai matura e obesa che, dopo un passato sentimentale turbolento a dir poco, e la perdita dell’uomo più amato, non esce più dalla sua stanza da letto e passa il tempo facendo la detective al soldo di cuori infranti a caccia di corna, magari in cambio semplicemente di qualche guantiera di dolci o di un pasto caldo a domicilio. Il suo terreno di caccia sono i social network: attraverso post, foto, commenti e like è in grado di ricostruire tresche e scappatelle. Rebecca ha un figlio, Angelo, commissario di polizia in quel di Atri, e il caso vuole che proprio lui sia chiamato a indagare sull’omicidio di un’antica rivale della madre, Colomba De Pedris, sessantenne ex applicata di segreteria strangolata con l’archetto di un violino. Tanto tempo prima Rebecca e Colomba erano state in competizione per l’amore dello stesso uomo, il pittore Cesare Ferrara detto anche il Picasso di Abruzzo. Ed ecco madre e figlio uniti in un’indagine che porterà alla luce un ordito pieno di nodi mai sciolti, un infinito passato che non è mai riuscito a coniugarsi in un presente e meno ancora in un futuro sereno, scavando soprattutto nel rapporto tra madre e figli, l’eterno ripetersi di conflitti di Elettra o di Edipo (o di tutti e due) mai risolti: Colomba e sua madre Rosetta, Colomba e sua figlia Estrella, Rebecca e suo figlio Angelo.

«Come si possa nascere in una nicchia di tenerezza, tra le lamiere dell’inedia, e finire garrotata dal crine di un archetto in circostanze sordide, forse possono tentare di spiegarlo giusto uno scrittore, un credente o uno psichiatra»

Oppure un commissario di polizia e sua madre detective o social stalker, decidete voi. Solo che – e qui c’è il colpo di genio di Caterina Falconi ne La volta di troppoil finale non è né univoco né aperto: è un bivio (metaforico) che costringe il lettore a scegliere con chi schierarsi, se con la madre o con il figlio.

C’è una profonda penetrazione nella psicologia dei personaggi, descritti con una tridimensionalità prismatica che li porta alla ribalta della pagina in tutta la loro umanità, fragilità, con le loro ossessioni, passioni, disfunzioni talvolta, come Angelo che non sa superare la morte della moglie o Estrella e la sua omosessualità appena dissimulata da una femminilità eterea e quasi trascendente.

C’è, ancora, una potente rappresentazione della quotidianità dell’attuale in cui davvero i rapporti umani passano attraverso un like, un cuore, un commento a margine di un riquadro pixellato del monitor di un pc o di uno smartphone che registra ogni cosa diventando il più spietato custode di ogni nostro segreto.

E c’è, cosa ancora più rara nella contemporanea narrativa di genere, una cura della parola che non è mera ostentazione estetica ma amor di lingua, oserei definirlo, che dell’italiano tira fuori i registri più antitetici sintetizzandoli in un lessico autentico. E una intrigante ironia nella scelta dei cognomi dei personaggi che attraversano la storia della musica italiana dalla lirica di Giuseppe Verdi al maestro Vecchioni, easter eggs, come si dice oggi, per appassionati e filologi musicali.

Caterina Falconi, d’altra parte, è una scrittrice versatile. Laureata in Filosofia, ha alle spalle, oltre a diversi romanzi, ha trascorso due anni come volontaria nel reparto pediatrico di un ospedale africano ed è stata educatrice in un centro di riabilitazione a Giulianova. La volta di troppo è la sua seconda pubblicazione per Clown Bianco Editore dopo aver partecipato alla raccolta Le altrui scale, racconti per Dante Alighieri.  

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