Caro Nemico di Jean Webster (Caravaggio Editore) è l’ideale seguito di Papà Gambalunga ma in qualche modo lo supera per la profondità dei temi trattati, densità di stile, caratterizzazione dei personaggi e spunti di riflessione. Per quanto scritto nella stessa forma epistolare dell’altro, si avvicina molto più del fratello maggiore alla struttura del genere del romanzo di formazione.
Protagonista è Sallie McBride, ex compagna di scuola di Judy Abbot, chiamata a dirigere l’Istituto John Grier (lo stesso in cui Judy è cresciuta) dopo il lieto fine tra la protetta e il suo ex tutore Jervis Pendelton, Daddy Long Legs, appunto. Il compito dovrebbe essere temporaneo e Sallie lo accetta più per emanciparsi dalla sua famiglia e dalle aspettative sociali che la attendono – per esempio la sospirata proposta di matrimonio da parte di Mr Gordon – che per vera vocazione.
Al John Grier, Sallie si presenta piena di buone intenzioni, con il suo cuore gentile, il suo pungente senso dell’umorismo, la sua cameriera Jane e il suo cane Sing. E subito si scontra con le vecchie radicate abitudini del posto e, quel che è meglio o peggio (lo si lascia al lettore decidere), con Robin McRae, il medico di origine scozzese incaricato di supervisionare la salute dei piccoli ospiti, colui che non tarderà a diventare il Caro Nemico del titolo. Ma questo, è certo, è ciò che conferisce maggiore verve all’intero romanzo. Robin, “Sandy” McRae sarà, com’è logico, uno dei principali interlocutori dell’epistolario di Sallie. L’altra sarà, ovviamente, Judy.
In maniera graduale, forse persino inconscia, l’obiettivo di Sallie diventerà presto quello di rendere più serena e accettabile la vita dei bambini in istituto, oltre a cercare, per quanto possibile, una famiglia accogliente per alcuni di loro. In questo senso, le lettere sono una minuziosa cronaca dei suoi sforzi in queste due direzione, delle piccole vittorie, degli inevitabili insuccessi. E, allo stesso tempo, della naturale crescita di questa giovane donna, delle nuove consapevolezze maturate pian piano, di un mutamento interiore che la condurrà a vedere molte cose con sguardo nuovo, mente lucida e cuore aperto.
Uno dei temi più sviscerati, e allo stesso tempo uno dei terreni di più cruento scontro col nemico McRae, è quello dell’eugenetica, ovvero della determinazione dei caratteri secondo l’ereditarietà, declinato qui in forma più lombrosiana che darwiniana e che al di là dei preconcetti e dei pregiudizi che si porta naturalmente dietro, diventa uno dei motivi di più seria riflessione per il lettore (oltre a costruire il perno del più formidabile colpo di scena del romanzo, sebbene non l’unico).

Sì, decisamente Caro Nemico oltrepassa la leggerezza del ben più famoso Papà Gambalunga, testimoniando il raggiungimento di una crescita narrativa che pone la Webster come voce narrativa davvero significativa del suo tempo.
L’edizione curata da Enrico De Luca per Caravaggio brilla – come sempre, va sottolineato – per il minuzioso apparato di note al testo, quasi una vera e propria lezione di lingua e traduzione inglese come nemmeno nei corsi universitari si può trovare, tanto da venire spontaneo consigliarla a chi desidera approfondire i meccanismi della traduzione editoriale.
Lettura deliziosa, formativa, appassionante Caro Nemico di Jean Webster non deluderà nessuna aspettativa. Al contrario, le supererà in maniera addirittura inaspettata.
«Non riesco a far sembrare vero che tu, mia cara, meravigliosa Judy, sia stata effettivamente cresciuta in quest’istituto, e sappia nel tuo triste intimo di cosa hanno bisogno questi marmocchietti. A volte la tragedia della tua infanzia mi riempie di una rabbia che mi fa venir voglia di rimboccarmi le maniche e combattere il mondo intero e costringerlo a rimodernarsi in un posto più adatto perché i bambini ci vivano. Quel mio antenato scozzese-irlandese sembra aver depositato una tremenda quantità di combattività nel mio carattere.»