Giudei di Gaia Servadio

Giudei di Gaia Servadio (Bompiani Editore) può paragonarsi a un ciclo di affreschi narrativi in cui si racconta la saga di una famiglia ebraica italiana (i Levi) dall’inizio del XX secolo fino agli anni di piombo. Dall’incontro del capostipite Zaccaria e del cugino Samuele con il Maestro Puccini nel 1903 (la musica lirica qui fa davvero da colonna sonora) alla diaspora finale della famiglia, attraversando la Grande Guerra, il fascismo e le leggi razziali, la Seconda guerra mondiale e l’olocausto, la ricostruzione e l’industrializzazione dell’Italia in una ricomposizione minuziosa non solo della transizione da Ebrei a Giudei a Nessuno per approdare, infine, a Israeliti, ma dei mutamenti che parallelamente hanno plasmato il nostro Paese.

Si è nel 1903 quando, nella Lucchesia, Zaccaria e Samuele incontrano il grande compositore Giacomo Puccini, tra un albero d’ulivo e un cipresso, sotto la sua automobile, una Isotta Fraschini, che gli si è ribaltata addosso. Con lui c’è l’amante Clelia, e i due cugini si trovano non solo a salvare la vita del Maestro ma anche il suo segreto amore dalla gelosissima moglie Elvira. È soprattutto Samuele a farsi “messaggero d’amore”. Donnaiolo egli stesso, Samuele è in primo luogo un grande ammiratore di Puccini e sogna una carriera come impresario lirico. Zaccaria, invece, avendo già passato l’età da matrimonio, è in cerca di una moglie e la trova a Torino (in occasione proprio di una rappresentazione della Bohème) dalle natie Marche. A Torino incontra, appunto, Rebecca e il matrimonio tra lei e Zaccaria sancirà il legame tra la famiglia Levi e quella dei Foà, ma soprattutto le coordinate geografiche del romanzo, esse stesse una diaspora più che un perimetro che ricomprende l’Italia intera. Da Torino a Roma, ad Ancona, Milano, Padova, Ivrea, Messina, l’albero genealogico dei Levi-Foà protenderà i suoi rami lungo tutta la penisola. I loro figli – Michelangelo, Miranda, Cielo, Prospero, Ariel e Miriam – saranno di volta in volta i protagonisti dei “quadri” dipinti magistralmente dall’autrice e narrati dalla voce di Aaron (alter ego della Servadio, perché sì, questo è un romanzo autobiografico), figlio di Cielo e Kate, fratello di Livia e Priscilla, attraverso contrappunti vocali dei diversi protagonisti (e «in certi casi i pensieri di persone al di là della cerchia familiare però mai del racconto»).

Come sfogliando un vecchio album di fotografie, Aaron ci mostra i ritratti dei nonni (sia quelli paterni che quelli materni), del cugino Samuele, arruolato negli alpini e morto durante la Grande Guerra, della cugina Giovanna e via via degli zii, dei genitori, delle sorelle, di matrimoni e Kaddish, di fughe, censimenti, amore, morte, deportazione, rivoluzione, perdono, e dei tanti grandi personaggi che incrociano: Puccini, Toscanini, Margherita Sarfatti, Anna Kuliscioff, Filippo Turati, Benito Mussolini (il ragazzone calvo dall’accento romagnolo di casalinga), e poi gli Agnelli, Fermi, Sironi, Olivetti, fino a Enrico Mattei racchiudendo il respiro di una vera e propria epopea familiare in una successione di tavole dal sapore giottesco, scorciate di lato, che sottolineano l’espressione del vissuto grazie alla narrazione vivace ma senza fronzoli che restituisce umanità a personaggi che si possono considerare quasi epici per la tumultuosità e la violenza delle vicende che hanno attraversato. Capitoli brevi ma densi, il cui scopo ultimo, oltre a mantenere viva la memoria della famiglia, si interrogano sul senso e sull’onere, sulla colpa e sull’onore di essere ebrei in Italia, in Europa, nel mondo.

Chi sono gli ariani? Chi sono gli ebrei? Chi sono gli italiani? Chi sono gli esseri umani? Sono identità sintetizzabili o entità destinate a scontrarsi in eterno? I Levi sono stati perseguitati, deportati ma sono stati anche antifascisti e partigiani, hanno lottato come potevano (durante la Prima guerra mondiale sul fronte, nella Seconda sulle montagne) per la libertà del Paese.

«Ma tu sei italiana o sei ebrea?»

«Io sono ebrea e sono italiana, come un milanese è di Milano ed è anche italiano.»

Ma

«gli ebrei (…) appartengono a una razza maledetta, odiata da sempre […]. Il solo fatto che siamo sopravvissuti a tante difficoltà è una manifestazione di tenacia. Per l’ostilità che abbiamo subìto, che dobbiamo subire, siamo diventati forti, ci teniamo i nostri segreti che sono segreti solo perché gli altri non li vogliono sapere»

E Giudei di Gaia Servadio è proprio questo: un libro tenace ma non ostile, difficile solo perché impegna il lettore a penetrare quei segreti che non vogliamo sapere, un libro fortemente consigliato a chi vuole conoscere la Storia, l’Italia e la storia di come gli ebrei in Italia sono diventati Giudei, Nessuno e Israeliti perpetuando un viaggio verso un approdo che appare ancora oggi come un miraggio, quello dell’essere popolo e razza insieme senza antagonismi e contraddizioni.

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