In fuga con me stessa di Irene Romano

Un anno (il 2018), 476.079 passi, sei città, sei capitali europee (Lisbona, Londra, Atene, Vienna, Dublino, Berlino). Il diario di questa impresa, o «fuga», come preferisce chiamarla l’autrice, Irene Romano, è In fuga con me stessa (BookaBook Edizioni). Un libro perfetto che, in questo momento di difficoltà, di viaggi che più che mete assomigliano sempre più a chimere sfuggenti, sembra quasi un contrappasso dantesco, e invece è di una potenza catartica, di slancio alla speranza, di una forza e di una determinazione che un centinaio di pagine contengono quasi a stento. Io, di sicuro, avrei voluto leggere ancora e ancora…

Ma intanto, da cosa sta fuggendo Irene? Trentenne toscana, con un impiego da segretaria in uno studio dentistico, ha disdetto l’abbonamento in palestra e destinato quei soldi a questo progetto. Apparentemente, non ha nulla che la tormenti al punto da prendere un biglietto aereo per una destinazione qualsiasi e scappare. Tuttavia, tra le righe si intuisce qualcosa, quel qualcosa che è puro moto interiore, un anelito di autenticità che spesso tratteniamo dentro di noi come un respiro con il timore che, espirando, vengano fuori troppe cose che non siamo ancora in grado di condividere o che – e questo è più spesso il caso – diffidiamo possa essere compreso.

Ed ecco che uno zaino in spalla e un biglietto aereo possono essere d’aiuto insieme al conto (quasi ossessivo) dei passi compiuti. Questo del conto dei passi, per esempio, è un elemento molto indicativo sia perché rappresenta concretamente il legame del corpo con la terra che calpesta, sia perché il passo è da sempre qualcosa che metaforicamente facciamo per uscire da una situazione, cambiare direzione, trovare una strada. C’è poi da dire – ma vi avverto, questa è solo una mia personalissima sensazione! – che camminare è una fonte di benessere psicologico, riconnette con la natura, depura i pensieri, attiva la fantasia, aiuta a tirare fuori le nostre risorse più profonde.

La prima tappa è Lisbona, un po’ per caso, seguita da Londra, Atene, Vienna, Dublino, Berlino. Di ognuna, Irene Romano ci racconta i suoi itinerari (quasi tutti rigorosamente a piedi), i compagni occasionali (soprattutto quelli di ostello), le vicissitudini e i riti negli aeroporti, l’ansia dei controlli, fare pipì prima di salire a bordo e, soprattutto i pensieri, quelli che prima si appunta sul cellulare e poi su un quaderno, e che costituiranno la materia di cui è fatto questo libro. Che ne risulta, perciò, un po’ stratificato, certamente frammentario, ma molto autentico e sentito, a tratti finanche divertente.

Come lo stile con cui è scritto: originale, genuino, spontaneo, la vera voce dell’autrice si sente anche nelle descrizioni dei luoghi che sono evocative ma allo stesso tempo così reali e corporee, affatto didascaliche e pretenziose, che al lettore sembra davvero di essere lì con lei, non uno spettatore, non un altro dal testo ma un attore del testo stesso, un interlocutore partecipe e curioso.

«Lisbona, da quassù, sembra stare in una mano. I tetti, le vie, le piazze sono così piccole, anche se in verità non lo sono affatto, e se per caso l’avessi dimenticato, ci pensano i miei piedi a rinfrescarmi la memoria»

In fuga con me stessa di Irene Romano è un libro che si legge col piacere del romanzo d’avventura, l’intensità di quello di formazione, la curiosità di una guida turistica, ma soprattutto con grande complicità e trasporto in attesa di poter prendere anche noi un biglietto e partire, viaggiare, magari fuggire, comunque andare. Tanti passi davanti a noi e questo tragico momento dietro le spalle.    

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