Buongiorno lettori e benvenuti al quarto appuntamento con la rubrica, dedicata alla letteratura giapponese, #IoLeggoGiappo. Protagonista di oggi è il Premio nobel Yasunari Kawabata con un romanzo uscito a puntate e più volte rivisitato, per essere poi pubblicato nel 1952: Mille gru.
Protagonista del romanzo, diviso in cinque parti (Mille gru, I boschetti al tramonto, Il bricco dipinto, Il rossetto della madre, La stella) è Mitani Kikuji. Rimasto padrone della casa di famiglia dopo la morte prima del padre, poi della madre, si trova a circa venticinque anni a partecipare ad un miai, un incontro atto ad incentivare un’unione matrimoniale, tra lui e Yukiko Inamura, organizzato dall’ex amante paterna, Chikako. La donna dopo essere stata brevemente la prediletta del padre di Kikuji, si occupa ora della cerimonia del tè e dei riti tradizionali. Il giorno previsto il protagonista vede Yukiko, con un kimono bianco e mille gru disegnate, simbolo giapponese di prosperità e lunga vita. Ma all’incontro ci sono anche altre due ospiti: la signora Ota e la figlia Fumiko.
Il padre di Kikuji aveva rinnegato la signora Chikako, preferendole come relazione più duratura la signora Ota. Quest’ultima seduce e si lascia sedurre dal giovane, giacendo con lui in una locanda quella sera stessa e andando a rivoluzionare i sentimenti e i piani di qualcun altro. Perchè Kikuji rimarrà con il ricordo di quell’amplesso, legandosi ad un ricordo di un piacere vergognoso e disonorevole. Inoltre la signora Chikako si intromette per portare avanti il suo piano matrimoniale e spingere il giovane verso Yukiko, cercando di allontanare la signora Ota e la di lei figlia.
Un intreccio molto basilare, in un romanzo calmo, dove manca molta azione, le passioni sono trattenute, dove aleggia la poesia. Kikuji sembra adagiarsi e vedere passare gli eventi, quasi non reagendo agli intrighi e ai malesseri provocatigli, in una spirale di ricordi, piacere, colpa e lutto.
La cerimonia del tè al centro di tutto: una tradizione millenaria, organizzata in appositi padiglioni posti accanto alle ville, organizzate e seguite da donne, giovani e meno giovani, con grande precisione, grazia e maestria. Vengono utilizzate tazze centenarie dalle molteplici ceramiche per la bevanda ed è interessante conoscerne l’origine grazie alle note presenti a piè pagina.
Questo è il secondo romanzo che leggo di Yasunari Kawabata, il primo è stato Il paese delle nevi (che era stato pubblicato nel 1937): Mille gru, uscito 15 anni dopo, lega quello stesso silenzio alla poesia, al calore delle atmosfere, creando un clima di sospensione in cui è facile per il lettore avvicinarsi ai personaggi e guardarli come dall’alto, percependone i pensieri e i sentimenti.
Onore, erotismo, lutto, vergogna e colpa sono tematiche sempre presenti nella letteratura giapponese, qui si legano senza andare a pesare l’una sull’altra, in un buon intreccio che impiegherà giusto qualche ora per essere letto.