#IoLeggoGiappo: La ragazza dello Sputnik di Haruki Murakami

Buongiorno lettori e benvenuti al terzo appuntamento con la rubrica #IoLeggoGiappo. Il focus di oggi è su Haruki Murakami, scrittore prolifico e molto pubblicato in Italia: nello specifico vi voglio parlare de La ragazza dello Sputnik. Protagonista del romanzo è un narratore che rimane anonimo e ci racconta di una ragazza, Sumire, sua coetanea. Il narratore è un maestro di scuola elementare, con una vita molto solitaria, appassionato di libri. Conosce Sumire all’università. Questa è una giovane romantica e cinica, con il sogno di diventare una scrittrice, è abituata a pensare molto, non è mai riuscita a legare con nessuno, se non con il nostro narratore, che si sente attratto mentalmente e sessualmente da lei.

Scrivere romanzi è un po’ la stessa cosa. Puoi raccogliere tutte le ossa che vuoi, costruire la porta più splendida del mondo, ma ciò non basta a produrre un romanzo che sia vivo. Una storia, in un certo senso, non appartiene a questo mondo. Per creare una versa storia è necessario un battesimo magico, che riesca a mettere in contatto questo mondo con quell’altro.

Ma Sumire non conosce l’amore, non ha mai provato attrazione per nessuno: inoltre vive in un minuscolo appartamento, circondata dai libri; si barcamena tra lavoretti occasionali mentre aspetta di riuscire a scrivere un romanzo che si possa pubblicare. Un giorno ad un matrimonio di una sua cugina, Sumire conosce Miyu, donna in carriera di diciassette anni più grande, sposata. Durante quella conversazione, in cui Miyu diventerà la ragazza dello Sputnik, perchè ha confuso il termine beatnik, per identificare la generazione letteraria di Kerouac, con il satellite mandato nello Spazio, Sumire si innamorerà di lei.

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Miyu le propone di lavorare per lei, nella sua agenzia specializzata nel commercio di vini internazionale, facendola iscrivere anche a dei corsi di lingua per imparare l’italiano e l’inglese. Sumire si scopre ottima segretaria, con buone capacità organizzative ed entra sempre più nella vita di Miyu, cercando di soffocare l’attrazione provata. Il narratore viene coinvolto in queste vicende grazie al contatto diretto con Sumire, che lo chiama a tutte le ore della notte per parlare e porgli domande, per esempio sulla differenza tra segno e simbolo, o solo per cercare conforto.

Il narratore entrerà nelle vite delle due donne in momenti diversi e imparerà a conoscerle, rimanendone però distaccato. Rimane in fondo l’idea di trovarsi davanti a tre solitudini differenti, tre insiemi di elementi che viaggiano nello spazio senza mai entrare in collisione, sfiorandosi appena durante il passaggio.

Questo è il secondo romanzo che leggo di Haruki Murakami, preceduto da A sud del confine, a ovest del sole. Poesia, spiritualità, amore per la cultura, desiderio di conoscenza, si mescolano alle note della musica che fa da sottofondo alla scrittura. Solitudine, morte, tristezza, amore, attrazione e un pizzico di magia si intrecciano nel libro, la cui lettura trascina pagina dopo pagina.

Come anime sospese nel cielo sopra a Tokyo ammutoliamo e seguiamo i percorsi dei personaggi, arrivando alla fine del romanzo mantenendo una sensazione mista di malinconia e sospensione. Il bello della letteratura giapponese per me è questo, mi comunica emozioni che per lo più non sono concrete, ma creano un’atmosfera mista di sensazioni che sospendono, rendono più leggeri, meno attaccati alla terra e alla vita di tutti i giorni.

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