Scandaloso, perturbante, tormentato: Keyla la rossa del Premio Nobel I.B. Singer è un romanzo potente sull’impossibilità dell’uomo di trovare un senso alla vita. Pubblicato a puntate tra il dicembre del 1976 e l’ottobre del 1977 su Forverts, il quotidiano Yiddish di New York non è mai stato pubblicato in volume. Nel 2017 Adelphi editore ha dato a tutti la possibilità di leggere questo testo la cui traduzione in italiano è figlia della trascrizione dattiloscritta in inglese eseguita probabilmente dal nipote dell’autore, Joseph, e conservato nell’archivio Singer.
Al centro della storia c’è lei, Keyla, «prostituta dai capelli rossi, gli occhi verdi e la pelle candida [che] facevano pensare a un dipinto», Keyla che cerca l’amore degli uomini e di Dio, perché crede nell’amore vero, quello carnale e quello spirituale, crede ancora che l’amore possa salvare il corpo e l’anima.
Siamo a Varsavia nel 1911. Via Krochmalna pullula di rabbini, studiosi chassidici, sarti, e con loro un folto sottobosco di piccoli criminali, truffatori, papponi e puttane. Un mondo a sé, nelle cui taverne giungono smorzati gli echi di una situazione politica che sta per deflagrare nella Prima Guerra Mondiale, delle rivolte socialiste in Russia, dei pogrom e dell’America, la nuova Terra Promessa. È qui che vive Keyla la rossa che sogna di potersi rialzare dal fango in cui è caduta sin da ragazzina. Un primo passo crede di averlo compiuto sposando Yarme, un furfante profittatore incapace di lavorare onestamente. Guarda con invidia le altre donne, quelle “pure” a cui è permesso entrare nella sinagoga, mentre lei è costretta ad ascoltare dal margine le cerimonie cui è rimasta legata nonostante i tre bordelli in cui ha lavorato; non dimentica di santificare le feste e si rivolge a quel Dio a cui pochi intorno a lei ancora credono, perché troppo distante o assente, incurante delle preghiere del suo popolo.
Il ritorno a Varsavia di Max, storpio, promiscuo, stupratore, truffatore, delinquente della peggior specie, è il colpo di grazia alle speranza di Keyla. Con un potere di persuasione subdolo e irresistibile, convince Yarme a reclutare ragazze per aprire un bordello in America Latina di cui Keyla dovrebbe essere la madama. Ma per poter realizzare il suo progetto c’è bisogno di soldi che non hanno e che faranno di tutto per procurarsi fino a spingere Keyla nel fango più profondo, la melma, la Geenna. Anche questa volta Keyla proverà a rialzarsi, e sembra quasi riuscirci dopo l’incontro con Bunem, figlio di un rabbino, giovane colto, pittore e filosofo, di cui si innamora perdutamente e dal quale forse – ma solo forse – è riamata solo un po’.
Con lui fugge in America, ma Keyla è l’immagine speculare del popolo ebraico condannato a peregrinare senza mai trovare il luogo della salvezza. Nemmeno l’America si rivelerà la terra della redenzione, ma potrebbe essere quella della speranza.
Senza moralismi e, soprattutto, senza facili indulgere a facili spiegazioni, Singer fa di Keyla la metafora della fede, quella umanissima di chi pecca ma vorrebbe redimersi, quella straziante della miseria che vorrebbe riscattarsi. Keyla è un personaggio epico, travolgente e fragile insieme, donna in balia di forze più grandi di lei e sempre sull’orlo della disperazione. Bunem è il controcanto ateo, cerebrale («hanno inventato un apparecchio che vola sopra le nuvole e sopra le nuvole non hanno trovato alcun Dio»), è la ragione che non può tollerare la misericordia di un Dio lontano e imperturbabile davanti ai tormenti degli uomini.
«Per come la vedeva Bunem, questo Dio era una specie di scienziato universale, un tecnocrate, ma del tutto amorale. Non lo turbavano né i tormenti o le ingiustizie patiti dagli uomini, né le sofferenze degli animali. E l’uomo era stato davvero creato a immagine di Dio: non si interessava affatto ai problemi e alle sofferenze dei propri simili»
La trama contiene qualche acrobazia di troppo, e spesso è ripetitiva, rivelando la sua originaria natura frammentata, ciò che, almeno per quanto mi riguarda, ha reso la lettura a tratti farraginosa e lenta, ma non c’è dubbio che il respiro narrativo di Singer sia sempre arioso, le tinte fosche non riescono a saturare del tutto i colori e la vivacità brulicante di vita di via Krochmalna.
Keyla la rossa di I. B. Singer è un romanzo sulla fede e la sua perdita, sulla vita e sul destino. Il destino dell’umanità intera.