Mara, una donna del Novecento di Ritanna Armeni (Ponte alle Grazie Editore) è un libro necessario e come tutto ciò che è necessario è anche coraggioso. Perché le donne del Novecento sono state tante e hanno attraversato tutte cambiamenti eccezionali ed epocali, ma la donna che qui viene narrata è una donna fascista nell’accezione più semplice e immediata del termine. Una donna come tante, addirittura una bambina quando si apre il sipario sulla sua storia, una donna per la quale l’essere fascista non era una scelta né di fede né di opportunità, ma semplicemente l’unica scelta possibile.
Mara è nata il 21 aprile del 1920. Quando il lettore fa la sua conoscenza ha tredici anni, indossa con gioia la sua divisa da Piccola italiana, si sente «leggera, libera e felice». Ha una grande amica, sua coetanea, di nome Nadia, con la quale condivide la sua passione per i libri (Mara sogna di fare la scrittrice), e l’entusiasmo per le parole, le gesta e le imprese del Duce di cui in casa ha un ritratto nel salotto. Lo sente come un padre, magnanimo e integerrimo al tempo stesso, un padre che si prende cura con amore e onore della grande famiglia che è la patria e alla quale si sforza di assicurare un futuro «ordinato e benevolo». Il suo di padre commercia in tessuti, ma il lavoro risente della crisi economica internazionale.
Ha un rapporto privilegiato con la zia Luisa, la vera incarnazione, ai suoi giovani occhi, del modello di donna fascista. Magari non sotto il profilo fisico: il regime le vuole di altezza media (un metro e 60 al massimo), sui 60 kg di peso (il contrario viene considerato inadatto a partorire una prole sana e numerosa), e Luisa è alta e magrissima, ma è sempre impegnata in qualche opera di beneficenza, come l’Onmi o i Fasci Femminili. È una donna che conta, e del resto figli non ne ha.
L’altro suo grande punto di riferimento è Nadia, per la quale il fascismo è una religione la cui dottrina ha abbracciato con fervore quasi mistico. Nadia è anche la sorella di Giulio, il primo amore di Mara.
Attraverso lo sguardo lucido ma allo stesso tempo primitivo e idealista di questa ragazza destinata a farsi donna con lo scorrere del tempo assistiamo a tutti i momenti topici del regime fascista: la guerra in Etiopia, la conquista della Libia, l’emanazione delle leggi razziali, l’entrata in guerra. A tutto Mara assiste con sentimento variabile: dall’emozione (la fondazione dell’Impero), all’credulità (il Manifesto della Razza) fino alla trepidazione. La guerra la coglie già orfana di padre, costretta a rinunciare al suo sogno di iscriversi all’Università per il dovere sopraggiunto di mantenere la famiglia, ma anche alla realizzazione della sua storia d’amore: Giulio parte per il fronte greco e ogni cosa tra loro è rimandata. Nadia invece è a Orvieto per conseguire il diploma di insegnante di ginnastica e nelle ore più buie non c’è nessuno, eccetto forse zia Luisa, con cui possa confrontarsi e confidare i dubbi e le contraddizioni di un regime che credeva perfetto. Il suo percorso verso la liberazione, Mara lo compie in solitudine, misurandosi solo con le sue scelte, le sue risorse e le sue possibilità, riconsiderando tutto ciò in cui ha creduto ma senza retorica e senza recriminare né rimpiangere.
«Fra qualche mese andremo a votare. Per me è la prima volta. È la prima volta per le donne, mi ha detto con entusiasmo zia Luisa. E mi ha raccontato di tanti anni fa, quando il Duce aveva promesso il voto anche alle donne. […]. Fra le cose che ho imparato c’è proprio questa: non credo più alle promesse […] In democrazia, mia hanno detto, c’è libertà di espressione. La userò.»
Il romanzo di Ritanna Armeni si muove strutturalmente sul doppio binario della fiction (la storia di Mara narrata in prima persona) e del documento, con le incursioni della viva voce dell’autrice che, come in un fuoricampo cinematografico, descrive la donna nel periodo fascista, il suo ruolo, il suo modello, il suo posto nella Storia. Esiste, ci dice, un femminismo fascista tal quale è esistito (e ancora esiste) un femminismo democratico. Sappiamo bene che a imporsi è stato il secondo, ma il primo non è da condannare senza prima sottoporlo a giudizio equo e critica oggettiva ed è fuor di dubbio che il testo aiuta a scoprire protagoniste sconosciute della Storia, nomi che mai abbiamo incontrato altrove come Regina Terruzzi, Elisa Majer Rizzioli, Teresa Labriola.
Si possono trarre molte considerazione dalla lettura di Mara, una donna del Novecento di Ritanna Armeni. Prima tra tutte che affermare che un’intera generazione di donne (tra cui le nostre nonne, la mia in primis che con la protagonista condivide persino il mese e l’anno di nascita) abbia eliminato la libertà dai propri progetti di vita, che per oltre vent’anni la donna sia stata relegata, addirittura reificata a mera fattrice, è vera solo in parte e comunque all’interno di una precisa contestualizzazione socio-antropologica, quale quella proposta dal libro di Armeni.
E questo è un dato fondamentale per comprendere e giudicare con imparzialità.