La scienza nascosta dei cosmetici (Chiarelettere Editore) è l’ultimo libro della biotecnologa e divulgatrice Beatrice Mautino, un saggio che si propone di fare chiarezza su alcuni degli aspetti cruciali della composizione bio chimica dei cosmetici (inclusi quelli cosiddetti ecobio), sgombrando il campo da equivoci, malintesi e luoghi comuni.
Ad attrarmi verso questa lettura – non semplice – è stato il desiderio di una maggiore consapevolezza riguardo queste tematiche. Non sono una fanatica di trucchi e parrucchi, ma qualche anno fa ho collaborato con una biobeauty blogger e, per forza di cose, sono venuta a contatto con una miriade di informazioni e affermazioni che, tuttavia, sentivo la necessità di approfondire.
Da questo punto di vista, devo dire che La scienza nascosta dei cosmetici non si è rivelato quello che cercavo. Errore mio, forse. Sarei dovuta partire dalle basi, da qualcosa di più semplice e immediato. E questo saggio non lo è. In primis per l’ipertecnicità di alcuni passaggi: tra formule chimiche, tassonomie scientifiche e regolamenti tecnico-normativi, mi sono smarrita come Arianna nel labirinto. Solo, senza filo. Inoltre, il lavoro della Mautino, molto ricco di argomentazioni, non arriva, secondo me, a nessuna conclusione che possa dare a un semplice consumatore una risposta positiva o negativa, e tantomeno risolutiva. Anche questo, tuttavia, lo considero un mio limite piuttosto che un limite del lavoro in sé. Alla fine della lettura mi è sorto il dubbio che in questo campo (come in molti altri) non esistono soluzioni di sorta, solo un incessante lavoro di informazione, filtro e analisi critica delle notizie che circolano fuori o dentro la rete. Molto probabilmente ho cercato quello che non è possibile trovare.
La scienza nascosta dei cosmetici mette sul tavolo una serie di temi sui quali tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo interrogati, magari anche senza rendercene conto: l’henné è davvero più sicuro delle tinte chimiche? Il talco è davvero innocuo? Le creme solari proteggono davvero la nostra pelle? La vitamina D è davvero necessaria per il rafforzamento delle ossa? I prodotti ecobio (termine giustamente definito quasi un nonsense) sono davvero la scelta migliore sia per la salute del nostro corpo che del pianeta? Cosa si intende con la definizione “universo del senza”? È solo marketing o cosa?
Ecco, anche solo la lettura di questo capitolo basta a fare di questa lettura un’opportunità. Non vi è dubbio che il bombardamento pubblicitario del “senza” ‒ alcool, parabeni, petrolati, siliconi – influenzi non poco la scelta del consumatore (un po’ come avviene per il senza olio di palma nel settore alimentare). Ma sappiamo esattamente cosa sono questi benedetti parabeni, per esempio, e quale funzione svolgono all’interno della formulazione del prodotto? Leggendo, forse impareremo qualcosa in più.
Stesso discorso per l’ “ecobio”: un termine che
«non significa niente sul piano normativo (…) ma che sul piano della comunicazione significa tutto».
Interessanti sono i risultati del sondaggio che l’autrice ha lanciato sui social e che ha evidenziato come, in generale, più che alle certificazioni (che guardano più all’impatto ambientale), i consumatori di questi prodotti (tra cui mi ci metto anch’io) considerino maggiormente gli “ingredienti”. Sicuramente leggere sulla confezione di una crema per il viso (un cosmetico che uso abitualmente da quando ho oltrepassato la soglia dei vent’anni… non sia mai che le rughe tradiscano l’età): olio di nocciolo di albicocca, olio di jojoba e avocado, camomilla e calendula fa un certo effetto (l’inci completo è questo: AQUA, CETEARYL OLIVATE-SORBITAN OLIVATE*, GLYCERYL STEARATE*, GLYCERIN, PRUNUS ARMENIACA SEED OIL*, PERSEA GRATISSIMA SEED OIL*, SIMMONDSIA CHINENSIS SEED OIL*, EQUISETUM ARVENSE EXTRACT**, CHAMOMILLA RECUTITA EXTRACT**, CALENDULA OFFICINALIS EXTRACT**, CAPRYLIC/CAPRIC TRIGLYCERIDE*, CETEARYL ALCOHOL*, GLYCERYL CAPRYLATE*, STEARIC ACID* (VEGETAL), TOCOPHEROL*, p-ANISIC ACID, FRAGRANCE, LIMONENE, LINALOOL.).
Personalmente, esco dal mio esame di coscienza con una certa tranquillità: la verità è che con questo tipo di crema ho risolto il problema di una pelle del viso tendente al rossore e alla desquamazione e che altre decine di prodotti ( e dermatologi) non avevano risolto. Ma se sia merito degli ingredienti o di altro, davvero non saprei dirlo. Alla fine, magari, è solo il fattore C… di caso.
Più perplessa mi ha lasciata il capitolo sulle creme solari. Io sono (secondo il mio dermatologo) un fototipo I, una che il sole dovrebbe vederlo solo in cartolina. O, se proprio mi tocca starci (e menomale che non lo amo particolarmente, anche se vivo in una città di mare), rigorosamente non oltre mezzogiorno e con protezione minimo 50. Ecco che nel capitolo leggo più di agenti chimici contenuti nelle creme che possono oltrepassare la barriera cutanea ed essere (in determinate quantità, va sottolineato) dannose per l’organismo che di protezione dai raggi UV. E un po’ mi confondo. Ma la protezione solare serve o no?
La scienza nascosta dei cosmetici di Beatrice Mautino inonda il lettore di dati, statistiche, leggi, formule, ma non dà risposte dirette: sembra girarci attorno ancora e ancora e ancora… Stabilire che il contrario di «fa male» non è «fa bene», ma «non fa male» mi sembra un bel gioco di parole ma che in definitiva non mi aiuta a essere più ponderata e consapevole delle mie scelte.
E dunque, è un libro che consiglio? A un lettore più consapevole, forse più scientificamente attrezzato sì. A tutti gli altri (me per prima) dico che talvolta dobbiamo ammettere che non sempre sono i libri a non essere all’altezza delle aspettative, spesso siamo noi a non essere all’altezza di una lettura. Ma va bene anche così.