I migliori anni di Cinzia Giorgio

Intimo, passionale, evocativo: ecco com’è possibile definire I migliori Anni di Cinzia Giorgio (Newton Compton) in soli tre aggettivi. Al contempo una saga famigliare, un romanzo storico, una storia di formazione basata sulle vicende biografiche della nonna dell’autrice. E qui si potrebbe aggiungere un quarto aggettivo: viscerale. Perché non v’è dubbio che il forte coinvolgimento personale dell’autrice abbia lascito una traccia indelebile tra le pagine, ma è pur vero che mai come in questo libro si coglie tutta la professionalità dell’autrice, la capacità di trovare una dimensione e una prospettiva che consegnano al lettore un’opera che nonostante le tante emozioni a esse non indulge, senza soccombere a un sentimentalismo autoreferenziale ma che spicca per rigore e precisione.

Matilde ha sedici anni quando nel settembre del ’43 viene annunciato l’armistizio. È la figlia del vice prefetto di Venosa, Fausto Carabiana, una ragazza intrepida, cocciuta, affamata di vita e di avventure che nello sbarco degli alleati nel sud della penisola vede finalmente la possibilità di realizzare il suo sogno più grande: seguire in fratello Tonino a Bari per completare quegli studi magistrali che, all’epoca non sempre (anzi, diciamo pure quasi mai) erano concessi a una donna. E, infatti, in ottobre è già nel capoluogo pugliese, ospite della signorina Nereide Zolesi che si mantiene affittando camere agli studenti fuori sede. Anche in questo caso, Matilde rappresenta una tenace eccezione: la signorina Zolesi accetta solo affittuari maschi, nella casa ci sono già altri tre studenti, i fratelli Ranieri, Gregorio e Saverio, e Mauro Marzano. Lei e il fratello si uniranno al trio (Matilde naturalmente condividerà la camera con la padrona di casa) in virtù della forte disponibilità economica e non solo della sua famiglia: in tempi di guerra, si sa, uova e carne valgono quanto, se non di più, del denaro.

Immediatamente, Matilde stabilisce un rapporto privilegiato con la signorina Zolesi, fatto di letture condivise e frequenti discussioni sui libri. Ma Bari non stuzzica solo il suo appetito culturale: in una grande città, lontana dalla stretta sorveglianza della sua famiglia, Matilde sente emergere il suo lato più femminile, il calore di quella prima scintilla d’amore che avvamperà nell’incontro con Gregorio. Un altro fuoco, tuttavia, è pronto a sbarrare il passo alla neonata storia d’amore: il bombardamento tedesco su Bari nella notte del 2 dicembre 1943 separa i due amanti. Per sempre? La risposta affiora piano piano nella memoria di una Matilde più adulta, quasi nonna, a trent’anni di distanza, mentre aspetta, tra emozioni contrastanti e piccoli eventi apparentemente insignificanti, che la figlia Eleonora partorisca il suo primo figlio proprio nel giorno del suo quarantottesimo compleanno.

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L’altalenarsi di questi due binari temporali è un espediente narrativo che sebbene non originale diventa qui motore di una sorta di ricerca del tempo perduto. C’è un che di proustiano negli oggetti banali, nelle parole pronunciate per caso, che funzionano da madeleine della memoria per la Matilde del 1975, che guarda alla sé di tanti anni prima misurando la maturazione di un’identità conquistata con ostinata risolutezza.

Un finale non scontato, agro come solo la vita vera può essere, aggiunge il tocco magistrale a un romanzo che dipinge splendidamente il ritratto di una donna forte, temeraria, in grado di accettare il proprio destino sino in fondo, sfogliandolo pagina dopo pagina come uno dei tanti libri a cui il testo rimanda.

Lo stile della Giorgio, sempre vivido e icastico, mostra qui la conquista di una insolita capacità di integrazione di elementi diversi, sincretizzati con armonia e grande padronanza sia dei mezzi espressivi che delle invenzioni narrative, oltre a una mirabile esattezza storica e un’accurata ricostruzione dei fatti che fanno da intelaiatura alle vicende della famiglia Carabiana.

Ispirandosi alla storia della sua famiglia, ne I migliori anni Cinzia Giorgio racconta una grande saga famigliare a cui fa da sfondo un pezzetto di Storia mirabilmente descritto, uno di quei romanzi che restano e si fanno memoria a loro volta, esondando dagli argini del genere per diventare documento affettivo, ma non per questo meno meritevole dell’affetto dei lettori.

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