Buongiorno lettori ed eccoci a quest’ultimo appuntamento con la Galassia sommersa dell’arte. Oggi vi voglio parlare di una donna artista così particolare che mi ha sorpresa tantissimo, sia per la sua peculiarità che per il suo destino: Amrita Sher Gil.
Ci trasferiamo, dall’Europa e dall’America, all’Asia: Amrita, nata il 30 gennaio 1913 da madre ebrea-ungherese e da padre indiano, visse in una famiglia agiata aristocratica e dopo pochi anni a Budapest si trasferì con la famiglia in India. Molto portata per il disegno e grazie ad una formazione di altissimo livello, la madre decide di portarla con sè a Firenze assieme al suo amante italiano. Qui conosce l’arte italiana, viene iscritta ad una scuola cattolica, da cui viene presto espulsa per il suo interesse per il nudo. Torna in India, dopo la fine della relazione extraconiugale della madre e a sedici anni viene iscritta a Parigi alla Scuola Nazionale di Belle arti. Comincia una vita ricca di arte e relazioni con uomini e donne, nella Montparnasse post-impressionista.
In questo periodo viene delusa da una relazione con un indiano e subisce un aborto che la colpisce nel profondo. Qui studia l’anatomia del corpo umano e viene affascinata dalla pittura di Gauguin e dal suo primitivismo. Nel 1933 torna in India: qui da spazio nelle sue opere ai poveri, alla gente comune, ai contadini e alle donne che si spaccano la schiena nel lavoro. Le forme diventano sempre più geometriche e i colori sono caldi, sensuali. Si dedica alla pittura en plein air e assorbe le tradizioni delle antiche tribù indiane. Dopo una relazione con il giornalista inglese Malcolm Muggeridge egli dice di lei
“Dipingeva con una fame feroce, sudando mentre lavorava. E̔ l’istinto animale che Amrita in qualche modo trasferisce ai colori, che riesce a mischiare e che poi schizza sulla tela. Il suo senso di pura sensualità era fortissimo e la sensualità del mondo, quindi il crescere delle cose, gli animali, i colori – che erano ciò che davano alla sua pittura una forte vitalità – le provocava un’intensa gioia”.
Ebbe poi una veloce relazione che le provocò un altro aborto e nel 1938, a venticinque anni, è costretta a sposare un cugino ungherese. La sua arte si rivolge a figure femminili sempre più piatte ed essenziali, dai colori caldi. Nel 1940 purtroppo Amrita cade in depressione, rimanendo compromessa fisicamente e come artista. Muore nel 1941 a soli 28 anni, forse di aborto, forse di malattia, non si sa.
Amrita Sher Gil può essere considerata rivoluzionaria per molteplici ragioni: intanto per essere stata donna, indiana e artista, cosa non comune ancora oggi in India (si rappresentò nuda e del nudo fece la sua voce artistica). Inoltre ha il merito di aver coniugato l’occidente di Gauguin e Cezanne con i colori e i soggetti poveri indiani.