#Galassie sommerse – Charlotte Salomon

Buongiorno lettori e benvenuti a questo nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle galassie sommerse, nello specifico per quella che curo io, nell’arte. Scusate il ritardo nella pubblicazione, ma l’avvicinarsi del Natale e il lavoro mi hanno impedito di pubblicare prima questo articolo. Protagonista di oggi è Charlotte Salomon. 

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Per chi non ne avesse mai sentito parlare, questa donna nacque nel 1917 in Germania da una famiglia segnata da una serie di lutti nella linea materna. La pittrice infatti prese il nome di una zia morta suicida anni prima; inoltre quando aveva nove anni perse la madre, a detta del padre per una brutta influenza. Charlotte era una bambina sveglia, ribelle, rimasta senza una figura femminile da piccola entrò in contatto con numerose tate, fino a che il padre non si sposò con una cantante molto famosa all’epoca, che riuscì nell’impresa di entrare in sintonia con la fanciulla.

Charlotte si interessò al disegno e si iscrisse subito dopo la scuola all’accademia di belle arti. Sembra che ebbe un forte legame affettivo con il maestro di canto della matrigna, legame che sembra però non essersi mai attualizzato in qualcosa di concreto.

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Uno spettro invase presto la vita di Charlotte e della sua famiglia: con l’avvento del nazismo al potere e le leggi razziali che ne conseguirono sappiamo tutti quale è stata l’evoluzione della vita degli ebrei in Germania e poi nel resto d’Europa. E la nostra artista era ebrea, così come il padre e la matrigna. A causa della sua “razza” nonostante la bravura di Charlotte fosse sulla bocca di tutti, non le fu conferito il premio come miglior disegnatrice dell’accademia, che fu invece assegnato ad un’artista di “pura razza ariana”, di cui però sembra essersi persa ogni traccia nell’arte. Charlotte dovette presto abbandonare la sua vita in Germania e si trasferì in Francia con i nonni, da cui apprese il reale destino della madre: si era tolta la vita succube del fantasma del suicidio della sorella.

Sappiamo che Charlotte iniziò ad avere crisi depressive e che dal 1940, quando aveva solo 23 anni, iniziò a riempire fogli su fogli di disegni, ben 1350, in cui sentì il bisogno di rappresentare la sua vita, dall’infanzia all’età adulta appena raggiunta. In quegli anni conobbe anche l’amore della sua vita, dopo essere stata internata in un campo francese con il nonno malato ed esserne potuta andare via per curarlo. Sposò nel 1943 Alexander Nagler, ebreo pure lui. Ma la soluzione finale era stata ormai decisa dal governo tedesco e poco dopo il matrimonio la coppia fu caricata su un treno: direzione Auschwitz. Qui Charlotte mori assassinata il giorno stesso dell’arrivo.

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Una vita triste insomma, difficile e purtroppo molto breve: Charlotte Salomon morì in uno degli olocausti più atroci della storia a soli ventisei anni, per di più incinta. Eppure l’opera che ci ha lasciato è ricchissima, seppur quasi sconosciuta.

I disegni furono affidati ad amici in Francia, tra cui ad un’amica inglese, non ebrea, come dono, in maniera che potessero non essere trafugati dalla gestapo e distrutti come tante opere d’arte ebree considerate pericolose per la cultura ariana tedesca di quegli anni. La sua è un’opera che si avvicina all’esperienza espressionista, alle avanguardie di quel periodo, una pittura che non ha una definizione ma che rappresenta una linea piena di deviazioni e incidenti, una vita non perfetta e ricca di dolore.

Dopo aver letto la vita di Charlotte Salomon rimane una patina di tristezza addosso e una sensazione di ingiustizia che va ad imprimere la sua forza nella sensibilità del lettore e dell’osservatore dei suoi dipinti.

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