Suzanne Valadon è la protagonista di questo mio settimo appuntamento con le #galassie sommerse dedicate alle artiste donne. Rimaniamo in Francia, culla dell’arte di fine ottocento, ma cambiamo classe sociale. Artemisia, Elisabeth, Eva, Marie, Mary e Berthe erano tutte donne che per discendenza, o per istruzione familiare, si legarono all’arte e poterono apprenderla grazie alla famiglia. Per lo più facevano parte di famiglie borghesi, mentre Suzanne Valadon, nata Marie-Clémentine nel 1865, era figlia di una povera donna e di padre ignoto. Nata nelle campagne, si trasferì con la madre a Montmatre: visse un’infanzia di solitudine, con una madre che lavorava tutto il giorno per mantenerle e che non le dimostrò mai affetto.
Ma Marie-Clémentine guardava il mondo, disegnava i suoi compagni di strada a terra, con dei gessetti e carboncini. A dodici anni cominciò a lavorare, c’era bisogno del suo aiuto in casa: dopo diversi lavori decise di diventare modella. Lei, con il suo corpo non ancora del tutto sviluppato, aveva caratteri sia maschili che femminili e gli artisti di cui fu la musa la rappresentavano in entrambi i sessi. Poi iniziò a posare nuda e divenne l’amante di tanti pittori, tra cui Renoir. A diciott’anni rimase incinta e partorì un bambino che sembrava essere destinato al dolore e all’ubriachezza. Anche di lui non si seppe mai con certezza il nome del padre, anche se si fece avanti un amico di Marie, Miguel Utrillo, spagnolo di origini, che riconobbe il piccolo Maurice, nonostante Marie continuasse a ripetere che non era lui il padre di suo figlio.
Intanto Marie aveva deciso di fare un salto di qualità: da modella cominciò a disegnare e a disegnare: bambine e ragazzine nude divennero protagoniste delle sue linee e Maurice unico modello dei suoi schizzi maschili. Marie conobbe in quegli anni Henri De Toulouse-Lautrec, di nobili origini, ma con malformazioni fisiche e una malattia genetica: questa condizione lo allontanò dal suo destino borghese e lo avvicinò ai recessi artistici parigini, ad una pittura in cui protagoniste erano le prostitute, le ballerine di can can, donne che nei suoi colori acquisivano importanza e prestigio tanto quanto lo avevano le nobildonne e le borghesi che fino ad allora erano state oggetto di rappresentazione.
Lautrec battezzò la nostra artista per la seconda volta: Marie-Clémentine, la terribile Marie, diventava Suzanne l’artista. Il connubio con Lautrec fu costante, sappiamo che Suzanne avrebbe voluto sposarlo e lo pregò di farlo, senza mai riuscirci, ma il loro fu un rapporto che durò e che le permise di imparare sempre di più e avvicinarsi successivamente a Degas. I soggetti di Suzanne erano sempre femminili, donne rappresentate nel loro essere, nella loro intimità, come corpi non perfetti e non sensualizzati dall’occhio maschile, una nudità metaforica: il ritrovarsi nudi in mezzo alle vicissitudini del mondo.
Negli anni novanta dell’800 Suzanne si sposò, con un ricco banchiere che tentò di allontanarla dalla vita di dissolutezza dove l’aveva conosciuta. Il matrimonio non riuscì a mutare gli equilibri: lo spirito di ribellione di Suzanne non fu mai domato. Intanto Maurice cresceva e beveva, seguendo l’esempio della nonna, che temprata dal lavoro di una vita e dalla vecchiaia resisteva all’alcol, mentre Maurice entrava ed usciva dagli ospedali. Su consiglio di un vicino medico Suzanne insegnò il disegno al figlio, rendendo possibile quel percorso che avrebbe portato Maurice Utrillo a superare come fama la madre artista.
Maurice infatti iniziò a dilettarsi di paesaggi e i suoi quadri furono notati e acquistati, oscurando la luce della madre, che non provò mai invidia ma sempre ammirazione nei suoi confronti. Grazie al figlio Suzanne trovò l’amore della sua vita, quando aveva 43 anni e il figlio 23: Andrè, amico di Maurice e suo coetaneo, anche lui artista, si innamorò di Suzanne, ricambiato. Senza preoccuparsi degli scandali, essendo ormai un’artista affermata, Suzanne lasciò il marito banchiere, tornando a Parigi con la madre anziana, il figlio e l’amante. Il loro rapporto fu molto particolare, sappiamo che da Maurice provenivano i maggiori guadagni; Suzanne invecchiando non riusciva più a sopportare i tradimenti sempre più continui di André, che sposò dopo il divorzio dal marito nel 1914, poco prima che scoppiasse la guerra.
La maturità e l’età spinsero Suzanne ad approcciarsi anche alla pittura ad olio ed a iniziare a rappresentare anche se stessa nuda: c’è un ciclo celebre di autoritratti in cui si è rappresentata con i seni scoperti. Intanto l’amicizia e l’ammirazione dagli altri artisti uomini cresceva: conobbe Derain, Braque, Picasso e tutta quella combriccola di artisti che stava crescendo sviluppando l’arte di inizio novecento.
Abbiamo quindi fatto un salto ormai, siamo passati dalla cultura ottocentesca a quella successiva, a quella che verrà sconvolta dalle guerre mondiali e che subirà profondi mutamenti di idee, sbalzata dagli effetti della storia. Suzanne Valadon partecipò attivamente ad essi, spegnendosi nel 1938 a settantatrè anni, lasciando dietro di sè una fama purtroppo oscurata da una storia dell’arte prettamente maschile.