Eccoci al terzo appuntamento con le scrittrici di Galassie Sommerse, la rubrica in cui vi raccontiamo di quelle penne femminili che, pur avendo concorso con il loro talento e il loro acume alla formazione di una letteratura nazionale, ne sono state poi inopinatamente escluse al momento di stabilire quel canone che avrebbe poi impregnato l’educazione letteraria di generazioni di studenti e lettori. Dopo Regina di Luanto e Marchesa Colombi, oggi tocca ad Ada Negri tornare, per lo spazio di una giornata o poco meno, al centro della nostra attenzione.
In effetti, rispetto alle altre sue colleghe, il nome di Ada Negri dovrebbe essere quanto meno conosciuto per la sua opera poetica che la portò alla candidatura al Premio Nobel per la Letteratura nel 1926 e 1927 (nel 1926 vinse, vale la pena ricordarlo, Grazia Deledda) e l’accesso, come prima donna in assoluto, all’Accademia d’Italia nel 1940. I suoi editori, d’altra parte, furono Treves (lo stesso di D’Annunzio) e Mondadori. Sono poesie sul limitare dell’emotività struggente ma prive di inganni e che attraversano indenni gusti e movimenti culturali primo novecenteschi. Il libro di Mara, tradotto anche in inglese e francese, pareva essersi conquistato una fama imperitura, almeno fino alla fine della guerra (che coincise con la morte della scrittrice), quando – appunto – se non per pochi e fuggevoli spunti, la letteratura femminile italiana del periodo immediatamente precedente scompare da biblioteche e manuali. Quella di Negri è una lirica che fonde efficacia e intellegibilità dell’espressione con ritmi musicali di immediata evidenza (non a caso, ancora negli anni ’80 del secolo scorso, tantissime furono le sistematiche riprese della tuttora sommersa produzione basata sui versi della poetessa).
Lombarda, di famiglia operaia, nasce a Lodi nel 1870. Di mestiere fa la maestra (una figura che tornerà spesso soprattutto nelle novelle), si cimenta prima con la poesia (la prima racconta, Fatalità, è datata 1892; la seconda, Tempesta, segue a due anni di distanza). È presto soprannominata «la vergine rossa» per il suo forte impegno e passione sociale che la porterà a contatto con il Mussolini socialista. Il matrimonio e la successiva maternità smussano gli aspetti più rivoluzionari accentuando piuttosto quelli più intimistici e riflessivi: ne Le Solitarie, quattordici racconti incentrati sulle diverse sfumature della condizione femminile a cavallo tra Ottocento e Novecento – dall’operaia alla madre di famiglia; dalla maestrina di provincia alla ragazza in cerca di marito – il filo conduttore sembra essere il sentimento di una irreversibile marginalità, condizione quasi fisiologica che accompagna la donna dalla culla alla tomba.
Che sia questo alla base dell’equivoco del fascismo nei confronti della Negri? Come detto, l’autrice aveva conosciuto il futuro duce all’epoca della militanza di entrambi nei ranghi del partito socialista, e se non c’è dubbio che la Negri a un certo punto si interrogò sulle reali possibilità di radicarsi, all’interno del tessuto socio-antropologico degli ideali della II Internazionale nel nostro paese, la sua può essere considerata più una riflessione contestualizzata e contingente che un rinnegamento vero e proprio. Ma tanto bastò perché il regime la integrasse – sponte sua – nei ranghi degli intellettuali di partito (sic!). Ma la Negri, all’epoca, si era già trasferita a Lugano e la distanza (per quanto ambigua) dal fascismo era stata stabilita almeno geograficamente.
Se ne Le solitarie, la struttura del racconta forza la mano a una prosa impressionista (per quanto realistici potessero essere gli spunti tematici), nel suo romanzo più apprezzato – Stella mattutina (1921) – la storia di se stessa bambina narrata in terza persona riflette con nitidezza di stile le coordinate di una scrittura già densa e matura.
«Vi è contenuta tanta parte di me, e posso dire che non una di quelle figure di donna che vi sono scolpite o sfumate mi è indifferente. Vissi con tutte, soffersi, amai, piansi con tutte.»
Scrisse alla consegna de Le solitarie, e leggendo i quattordici ritratti contenuti non v’è dubbio che l’esperienza personale sia stata la materia prima dell’ispirazione, un’esperienza e un’ispirazione, specchio di un’epoca che non fu solo guerra e politica e virile furbizia ma anche intensa partecipazione femminile alla formazione dell’identità del Paese, ma che lentamente si è dissolta per precipitare nell’oblio dell’ennesima galassia sommersa.
Bibliografia
Ada Negri, Le Solitarie, Ledizioni
Antonia Arslan, Dame Galline e Regine – La scrittura femminile italiana fra ‘800 e ‘900, Guerini e Associati
Giuliana Morandini, La voce che è in lei, Antologia della narrativa femminile italiana tra ‘800 e ‘900, Bompiani
I testi di Ada Negri sono gratuitamente e legalmente fruibili e scaricabili su LiberLiber.it