Fragili omicidi per un commissario di Nevio Galeati

Si legge come un romanzo, ma sono cinque racconti legati non solo dal genere (un poliziesco a tinte noir) ma anche da un particolare rapporto tra protagonista e coprotagonista che si inseguono pagina dopo pagina, storia dopo storia, episodio dopo episodio. Si tratta di Fragili omicidi per un commissario di Nevio Galeati (Clown Bianco editore), una delle uscite da tenere sott’occhio in quest’ultimo spicchio di anno editoriale. Il commissario D’Arcangelo e l’investigatore Corsini potrebbero, chissà, conquistare i lettori e tornare, magari, a guidarli in un mondo – la brumosa e tralignata provincia ravennate, ma anche la Ravenna bene, quella degli ingegneri, degli avvocati… come è il caso di “Colpevole” – dove il male si annida tra battone e magnaccia, sesso e vendetta, ragazzi che si sono bruciati la vita prima ancora di iniziare a viverla. In fondo il senso di fragilità non è solo nel titolo.

«Masticando il toscano tornò alla scrivania scuotendo la testa; stava leggendo troppi thriller, guardando troppe serie tv: era lì che fiorivano i mostri, non nella realtà. Sperava fosse così. Doveva tornare ai testi scientifici e ai rapporti dei propri uomini, ragionare sui fatti.»

E, forse, è proprio questo realismo cupo a fare di Fragili omicidi per un commissario una novità interessante nel panorama narrativo nazionale. C’è sì un taglio molto cinematico nella narrazione, un’atmosfera apprezzabile e rilevante quanto l’ambientazione di un film (o di una serie tv) e Nevio Galeati è bravo a far passare attraverso la scrittura tutta una serie di elementi prettamente visivi: fotografia, regia, inquadrature. Bastano pochi righi per darci esattamente l’idea di ciascun personaggio, senza inutili volteggi e svolazzi psicologici: la perenne acidità di stomaco e il toscano sempre in bocca per il malinconico D’Arcangelo, dirigente della mobile di Ravenna, la tenacia un po’ naif del piacione Luca Corsini che «non abbandona mai chi decide di concedergli fiducia» anche a costo di rimetterci – o quanto meno arrivarci a un passo – la vita. Il passato di entrambi è un’ellisse che non compie mai un giro completo, si interrompe sempre a un certo punto e tocca magari al lettore completarlo.

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Vale lo stesso anche per i personaggi secondari: l’ispettrice Anna Pia Lorillo, l’agente Caputo… per ognuno basta un aggettivo, un particolare giro di frase ed eccolo là già scolpito nella memoria del lettore, proprio come D’Arcangelo e Corsini, amici, ex colleghi che continuano a incontrarsi sulle stesse piste ma senza scontrarsi mai (ma nemmeno aiutarsi, se è per questo).  E quindi è D’Arcangelo ad andare in aiuto di Corsini trovato accoltellato sulla statale Adriatica (nell’omonimo racconto) ed è sempre lui a seguirlo fino all’Avana, che, e non a caso, nella sua posizione centrale all’interno della struttura della raccolta funge da fulcro e catarsi della narrazione. Con la sua architettura temporale e narrativa Appartamento a La Habana è più un romanzo breve che un vero e proprio racconto all’interno del quale ritroviamo i momenti e i motivi topici dell’intera raccolta, dove basta anche il cambio del punto di vista del narratore (Corsini si racconta; D’Arcangelo è raccontato) per stabilire gli elementi minimi di quella che si spera possa essere solo la prima stagione di una serie dove trovare e ritrovare ancora due figure (letterarie certo) che pur radicate nel tessuto del genere poliziesco apportano nuova linfa, accendono nuove fantasie, nutrono nuove passioni.

Senza scomodare paragoni oziosi, Fragili omicidi per un commissario di Nevio Galeati entra in punta di piedi in un panorama mai saturo e lo fa con una personalità che è proprio quella che esclude confronti con precedenti illustri: se, come ormai sembra palese, l’originalità è morta (o comunque agonizza, non solo in letteratura), non resta che lavorare sulla personalità, sull’identità, su tutto quanto ci si presenta come esperienza unica e irripetibile perché tagliata secondo una prospettiva differente. Da qui il mio consiglio di approfittare di questa raccolta per trovare non solo una lettura che con il suo ritmo lento e malinconico potrà accompagnare questa transizione da una stagione all’altra che è sempre e inevitabilmente marcata da un certo qual senso di inquietudine e nostalgia (come le foglie morte della bellissima copertina di ©Mario Tomaso Bolis), ma anche una rinnovata cifra stilistica e affabulatoria di un genere che non si esaurisce mai e trova sempre forme, storie e discorsi, in grado di rinnovarsi nel tempo.

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