Ho inserito questo Lo diciamo a Liddy di Anne Fine (Adelphi Editore) come lettura estemporanea durante le vacanze. Quello che non sapevo è che sarei andata incontro a una storia che usa la leggerezza e l’ironia come armi per colpire il lettore con un messaggio fondamentale, anzi due: la verità è sempre necessaria? Come si possono coniugare lealtà e famiglia in maniera solida e resistente?
Le sorelle Palmer sembrano in apparenza legatissime. Diverse ma, in qualche modo complementari, possono apparire agli occhi di chi guarda una sorta di clan. Bridie fa l’assistente sociale, è sposata e ha due figli ormai grandi e indipendenti. Heather è una donna in carriera, single e molto concentrata su se stessa. Stella è sposata, fa la casalinga, e ogni occasione è buona per rimodernare, aggiungere, acquistare ninnoli e cianfrusaglie per la sua casa. Infine c’è Liddy, la più spumeggiante delle quattro, neo divorziata, ha due bambini piccoli e ha appena intrapreso una relazione con quello che sembra l’uomo perfetto.
Ma è proprio una voce sul passato di questa specie di principe azzurro a mettere in crisi il rapporto tra le sorelle: dirlo o non dirlo a Liddy? E, una volta detto, come comportarsi? Con chi schierarsi? Bridie, sempre molto ligia al suo lavoro di assistente sociale, ritiene fondamentale dire la verità, scavare nel passato del possibile futuro cognato, mettere sua sorella di fronte all’eventualità che l’uomo non sia senza macchia come pare a prima vista. Heather e Stella prima nicchiano, poi cedono all’insistenza di Bridie ma di fronte alla reazione di Liddy assumono atteggiamenti ambigui e sfuggenti che portano la maggiore delle sorelle a riesaminare i propri rapporti con la famiglia, il suo stesso matrimonio e persino se stessa. Perché Liddy risponde in maniera così aggressiva? Perché Heather e Stella si comportano in modo così contradditorio e apparentemente subdolo? Quella sul compagno di Liddy è la sola verità nascosta o ci sono altri segreti di famiglia che rischiano di saltar fuori?
Se il celebre incipit di Anna Karenina ci ha ormai convinti tutte le famiglie felici sono felici allo stesso modo e quelle infelici lo sono ognuno a modo suo, Anne Fine indaga proprio sul senso di questa infelicità e come si manifesta all’interno della famiglia, l’alveo originario di ogni individuo, quello che segna, nel bene e nel male, il percorso di ognuno di noi.
Il rapporto tra le sorelle Palmer è sempre stato molto stretto e solidaristico, ma basta un niente – il venticello sottile della calunnia – per farlo crollare miseramente e mettere ognuna delle quattro donne di fronte a bivi, decisioni, responsabilità che ciascuna aveva cercato, come poteva, di scansare.
«Da bambine avevano bisticciato come tutti, stringendo alleanze che duravano settimane o mesi e variavano a seconda delle animosità del momento. Ma non avevano mai fatto sul serio, scismi ufficiali o scomuniche non ce n’erano mai state».
Con una prosa vibrante, ironica, scorrevole, in Lo diciamo a Liddy? Anne Fine si interroga su «che cosa potrebbe esserci di peggio che dubitare della propria famiglia?» in un romanzo spietato proprio perché in apparenza leggero e che tra una battuta e l’altra, un litigio, un equivoco, un ripensamento, porta il lettore a esaminare i diversi punti di vista e soprattutto se stesso, in una sequela di domande che proseguiranno ininterrotte, a cominciare dal titolo fin quasi all’ultima riga. Perché tutta la vita – alla fine – si riduce a questo: vogliamo davvero sapere o stiamo meglio protetti dall’ignoranza?