Siamo tutte amiche di Jane, in un modo o nell’altro. E Jane, ovviamente, è Jane Austen. Una dichiarazione, una definizione più che un vero e proprio titolo quello che dà Annalisa De Simone in Le amiche di Jane (appunto), Marsilio Editori nella collana PassaParola, laddove per passaparola si intende sì il suggerimento, ma un suggerimento fondato partendo dal rapporto del sé col libro che, di volta in volta, si vuole consigliare. E il libro che De Simone consiglia è Orgoglio e Pregiudizio: provate, infatti, a capovolgere la copertina e vi troverete con un nuovo titolo: Sopravvivere all’innamoramento con Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen, un testo tra le righe dove l’autrice racconta di sé stessa anche oltre il mondo dei romanzi di Zia Jane. L’altro lato della medaglia, insomma, il reverso del testo, mentre il recto è un’accurata analisi critica del romanzo più universalmente riconosciuto della Austen. E non solo, perché il volume sa richiamare e dare spazio all’intera bibliografia dell’autrice britannica, non a caso definita «inventrice del romanzo moderno».
ATTENZIONE SPOILER: quanto segue, contiene riferimenti espliciti all’opera della Austen (del tutto indifferenti per chi conosce a memoria l’intera bibliografia, ma da evitare per chi ancora non ha avuto il piacere)
Se il primo a usare il termine janites per qualificare la schiera di ammiratori dei romanzi di Austen è stato George Saintsbury e Rudyard Kipling ha definitamente sdoganato (nell’omonimo racconto) il concetto di janeites per esprimere l’ammirazione per il genio letterario unito a un rapporto più profondo, empatico e affettivo con l’autrice, le sue opere e il suo mondo; se l’eminente critico letterario Harold Bloom ha canonizzato la «straordinaria distinzione estetica […], il gusto, […]l’ironia molto shakespeariana, […]l’acutezza, l’irreprimibile libertà interiore delle eroine austeniane», fino a giungere alla conclusione che «Austen sopravvivrà anche ai giorni bui che ci aspettano, perché la stranezza dell’originalità e di una visione individuale sono i nostri bisogni più durevoli, quelli che solo la letteratura riesce a gratificare nell’Età teocratica ormai imminente» è De Simone, tuttavia, a traslare l’astrazione e l’accademismo di queste affermazioni in un dialogo quotidiano tra lettore e lettura, tra l’individuale della nostra quotidianità e l’universalità del romanzo.
Perché Le amiche di Jane parte da questo, da quanto realistiche e realizzabili sono le trame della Austen nella vita di ogni giorno, negli incontri casuali o possibilmente duraturi con gli esponenti dell’altro sesso, come e da cosa, in particolare noi donne, ci facciamo influenzare nell’innamoramento, se il tipo dell’eroina dei romanzi di Jane Austen può coincidere con la donna d’oggi (l’uomo sì, che sia un Wickham, un Willoughby, un Darcy o un Collins… ecco, di questi tipi – nel bene o nel male – non ci libereremo mai).
Orgoglio e Pregiudizio «è un romanzo sospeso tra il realismo e la favola». E questo è vero come il fatto che il sole sorge a est e tramonta a ovest. Quasi tutti i lettori si soffermano solo sul lato favolistico, però: la ragazza arguta, non particolarmente bella, figlia di un gentiluomo di campagna un po’ troppo prosaico, con una madre invadente e delle sorelle (tranne una) imbarazzanti a dire poco, conquista, senza nemmeno volerlo, il bello, ricco, affascinante Mr Darcy, che – e ammettiamolo! È questo l’aspetto che più di tutto ci fa sognare e magari ci frega pure nella realtà – prima di desiderala, la disprezza. Ma chi disprezza compra, e Lizzy, benché forse (?!) involontariamente, si fa comprare eccome, magari non dai soldi, certamente dall’amore, ma una tenuta come Pemberley e 10.000 sterline di rendita a inizio Ottocento, sono un prezzo non proprio economico.
«Un giudizio, col senno di poi, potrebbe rivelarsi nient’altro che un pregiudizio, e un pregiudizio, per colpa dell’ineffabilità del nostro sguardo, può sgretolarsi alla prova del tempo. Se c’è qualcosa da cui Jane Austen ci mette in guardia è questa: nello spazio fra il sempre e il mai scorre la vita di ognuno di noi»
C’è poi la sciagurata prima dichiarazione d’amore del gentiluomo alla donna i cui splendidi occhi neri hanno conquistato risolutivamente il suo cuore, che per essere sciagurata è sciagurata; peggio: è catastrofica! Eppure chi non proverebbe un brivido nel sentirsi proclamare: «Ho lottato invano. Non c’è rimedio. Non sono in grado di reprimere i miei sentimenti. Lasciate che vi dica con quanto ardore io vi ammiri e vi ami.»?
Ma se tutto questo, come la sensibilità di Marianne o l’assennatezza di Elinor in Ragione e Sentimento; o l’eccessiva (e ingiustificata) sicurezza di sé di Emma, o la fedeltà di Anne in Persuasione, la rigidità morale di Fanny Price in Mansfield Park, rendono tutte queste donne specchi di noi stesse, anche se solo per frammenti o riflessi, comunque riconoscibili e riconducibili al nostro vissuto, alla cerchia delle nostre amiche e conoscenti, è tuttavia vero che l’immedesimazione, l’eventuale empatia, la cosiddetta comunione di amorosi sensi è solo uno dei tanti elementi che rendono i romanzi di Austen così amati e così (sempre) moderni.

Il lato realistico, invece, è più sottile, come l’ironia di Austen e si basa su un verbo che, come fa osservare l’autrice, ricorre quasi ossessivamente nelle sue opere: osservare. E a cos’altro porta l’osservazione se non all’incontro/scontro con la realtà? E la realtà che ci mostra Jane Austen è sempre rigorosa, interagente con i personaggi, consapevole del contesto socio-economico che descrive, cosciente persino di quanto sia banale il quotidiano ma il quotidiano è ciò di cui tutti noi viviamo, e allora va bene creare personaggi che intrecciano relazioni che lasciano aperta la porta dei sogni, ma va ancora meglio non dimenticare che dietro quella porta si nascondono meschinità, vanità, orgogli, pregiudizi, sensibilità esasperate ed esasperate alterigie, il chiacchiericcio, il pettegolezzo del Vicinato (mirabilmente paragonato al social noise dei nostri tempi), e tutto questo, tenuto insieme dalla raffinata comicità dell’autrice, moltiplica i livelli di lettura. Sui quali Annalisa De Simone si sofferma quasi puntigliosamente, con grande cognizione di causa, analizzando con grande capacità critica e fine abilità filologica le ragioni per le quali questo volume deve essere un’opera immancabile nella biblioteca non solo di ogni janeites ma in quella di tutti coloro i quali vogliono capire quegli elementi culturali e letterari che solo superficialmente, e solo a prima vista, possono essere liquidati come fenomeni secondari o riservati a un certo tipo di pubblico e che invece rappresentano veri e propri prodigi narrativi.
Senza tralasciare la stimmate, il carattere impresso dall’editore a questa collana: il dialogo serrato tra se stessa e la Austen, che non è solipsismo ma privilegio, un privilegio che attraverso Le amiche di Jane, Annalisa De Simone condivide con tutt* noi.