Se provate a digitare su un motore di ricerca qualsiasi il nome di Emily J. Parker gli unici risultati che vi verranno restituiti saranno, verosimilmente, quelli relativi al romanzo Settembre può aspettare della galiziana Susana Fortes (Editrice Nord) secondo cui Emily J. Parker sarebbe stata una scrittrice inglese del periodo interbellico semi sconosciuta dal pubblico, poco riconosciuta dalla critica, scomparsa nel nulla, a soli 32 anni, l’8 maggio del 1955 a Londra durante i festeggiamenti per il decimo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale e che una dottoranda spagnola in filologia germanica, Rebeca Aldàn, decide di assumere a tema della propria tesi di dottorato, spostandosi temporaneamente nella capitale inglese per ripercorrerne le tracce letterarie e di vita privata, visto che Emily J. Parker ha fatto parte anche dell’intelligence britannica durante la guerra.
Da filologa, dunque, Rebeca si trasforma in detective, e con l’aiuto del professor Whelan cerca di trovare una risposta alle troppe domande che ruotano attorno alla figura di Emily: perché ha abbandonato la scrittura? Era esclusivamente finzione ciò che attraeva il lettore che si avvicinava alle sue opere? Perché ha deciso di essere invisibile? Il punto è che a questa indagine è legata anche la ricerca di Rebeca rispetto a se stessa, alla vita che ha vissuto, a quella che desidera, alla relazione con la sorella Bea, all’amore per Alex. Rebeca cerca nelle ragioni della scomparsa di Emily la propria ragione di essere nel mondo, scoprendo che le vite di entrambe le donne sono come binari che corrono paralleli e inesorabili: «Entrare nel mondo di Emily J. Parker è stato per me come bussare alla porta della casa in cui sono nata».
Il punto di forza di Settembre può aspettare è il suo sincretismo, la confluenza di elementi e funzioni narrative diverse. È l’ablativo del genere romanzo, potendo declinare con perfetta soluzione di continuità gli elementi del genere poliziesco, di formazione, della quête e del viaggio (reale e figurato: il viaggio dalla Galizia alla Gran Bretagna, quello da Londra alla Scozia, quello interiore di Rebeca). Il tutto amalgamato dalla professione di filologa della protagonista: cos’è, in fondo, la filologia se non una forma trasversale di ricerca e inchiesta, di costruzione e ricostruzione, e soprattutto di corretta interpretazione dei dati e dei documenti (letterari e culturali)?
Non a caso, ma di fatto qui niente è lasciato al caso, la giovane scrittrice scomparsa lavorava a Bletchley Park, anche nota come Stazione X che, durante la seconda guerra mondiale, fu sito dell’unità principale di crittoanalisi del Regno Unito, nonché sede della Scuola governativa di codici e cifrazione. Vi consiglio, a questo proposito, un film del 2014 con Benedict Cumberbatch, The Imitation Game.
Chi sia davvero Emily J. Parker, se un personaggio di verità o di finzione, il lettore potrà scoprirlo decrittando questa poesia attribuita dalla narratrice/protagonista alla fantomatica scrittrice inglese, troppo ispirata per poter essere facilmente dimenticata:
«La strada che non abbiamo imboccato
La porta che non abbiamo mai aperto,
La domanda che non abbiamo mai posto…
Sincretismo, dunque, ma anche una grande originalità nel costruire una trama dove «tutti i giunchi si intrecciano a formare la propria trama», perché le coincidenze non esistono e se le cose succedono, succedono sempre per un motivo: in questo caso il motivo è il talento di Susana Fortes che ha saputo raccogliere e intrecciare impeccabilmente stimoli, ispirazioni, suggestioni di natura diversa ma di comune sentire, scrivendo un romanzo che sa essere delicato e introspettivo, ma anche avvincente e mozzafiato, con una scioltezza, agilità ed eleganza rare. Anche nello stile. Vivace, brillante, in cui ogni parola segue l’altra con la naturalezza con cui l’ombra staglia la figura alla luce, estendendo il campo semantico del singolo termine e della sua associazione per creare metafore particolari, insolite ma preziose.
Settembre può aspettare è un romanzo che non si può mancare di leggere per tutto quello che sa dire, per come lo sa dire; per tutto quello che lascia intendere e che da esso si può comprendere, per la straordinaria curiosità che saprà instillare nei lettori, e per i vasti orizzonti che potrà, ai loro occhi, dischiudere.