«Il più bello dei libri lo devo ancora leggere», ma intanto… (Qual è il libro più bello letto nel 2018?)

Ma quanto sono brutti i bilanci? Non tanto, o non solo, quando le voci in passivo superano quelle in attivo, ma anche perché – pure se tutti col segno + davanti – arrivano in quei periodi dell’anno o della vita in cui, invece, si vorrebbe dimenticare, o non pensare. Oppure scatenano tempeste di malinconie, temporali di nostalgia. E quelle canaglie di aspettative… andrà meglio? Sarà peggio? Sarà, come? Sarà. Intanto è stato. E con quello che è stato, non so voi, ma io sono abituata sempre a farci i conti.

In questa sede, naturalmente, i conti che faccio sono quelli con la me stessa lettrice: quanti libri ho letto quest’anno? (più di cento) Erano i libri che volevo leggere? (alcuni sì, altre sono state scoperte serendipiche) Ci sono stati libri che mi hanno colpita più di altri, lasciato segni che non voglio permettere al tempo, a nessun tempo, di cancellare? (sì) Ho scoperto nuovi autori e nuove opere da aggiungere al mio personalissimo canone di lettrice? (certo che sì) Ho superato conflitti e pregiudizi sui generi che pensavo non avrei letto mai? (menomale, sì). Ci sono stati libri brutti? (purtroppo, ma da un lato è anche meglio: altrimenti come si apprezza ciò che è bello?) Ci sono state letture che prima o poi rifarei? (assolutamente) Sono cresciuta come lettrice? (lo spero!).

Ora, è inevitabile fare una lista, per quanto sommaria e senza pretese di sorta, dei libri e degli autori che più hanno segnato per me questo 2018. Ma poiché ho imparato (da poco, e forse pure tardi, tuttavia l’importante è che abbia imparato…) che leggere è una delle poche cose che restano belle e ti fanno sentire bene sia da solo che in compagnia, prima di procedere con il mio bilancio, mi piace condividere le risposte che alcune amiche e amici hanno dato, su Instagram, alla domanda: qual è stato il libro più bello letto nel 2018? E visto che, personalmente, molti non li conoscevo neppure, chissà… potrebbero essere, tutti o alcuni, tra i miei preferiti del 2019.

L’Arminuta di Donatella di Pietrantonio (Einaudi): @_deboriina_

7 di Tristan Garcia (NN Editore) e Il figlio di Philipp Meyer (Einaudi): @leggoquandovoglio

Le braci di Sandor Marai (Adephi), Follia di Patrick McGrath (Adelphi), Abbiamo sempre vissuto nel castello di Shirley Jackson (Adelphi), Una donna di Annie Ernaux (L’Orma Editore), Marie aspetta Marie di Madeleine Bourdouxhe (Adelphi): @patti_on_books

La simmetria dei desideri di Eshkol Nevo (BEAT): @yorukoe

Breve storia di (quasi) tutto di Bill Bryson (TEA), Che fine ha fatto Mr Y? di Scarlett Thomas (Newton Compton): @giorgionalibri

Appartamento ad Atene di Glenway Wescott (Adelphi): @antonella4883

Figlie del mare di Mary Lynn Bracht (Longanesi), Suite Francese di Irène Némirovskij (esistono troppe edizioni per assegnare il primato all’una piuttosto che all’altra), Il secondo sesso di Simone de Beauvoir (Il Saggiatore), Figlie di una nuova era di Carmen Korn (Fazi Editore): @elisewin_94

Tosca dei boschi di Teresa Radice e Stefano Turconi (Bao Puplishing), La scomparsa di Stephanie Mayer di Joel Dicker (La nave di Teseo): @danydp84.

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Ora però tocca a me.

Parto con annotazioni generali: il 2018 è stato l’anno in cui finalmente (!!!) ho superato le mie stupide idiosincrasie (del tipo da sei troppo grande per…) e ho letto tutta, ma proprio tutta, la saga di Harry Potter. Di più: allo scorso BGeek ho preso il treno per Howgarts al binario 9 3/4, ho fatto la prova del cappello parlante e sono finita a… corvonero. Nel momento in cui vi scrivo, ho persino incominciato l’album delle figurine di Animali Fantastici e dove trovarli – I Crimini di Grindelwald (ok, avevo fatto quello de La Bella e La Bestia l’anno scorso, ma andiamo! Erano XXX anni che non collezionavo più figurine!).

È stato l’anno della scoperta delle graphic come genere letterario: da Il porto proibito di Radice e Turconi a La profezia dell’armadillo, Macerie prime e Macerie prime… sei mesi dopo di Zerocalcare (Bao Publishing), passando per A Panda Piace di Giacomo Bevilacqua (Feltrinelli Comics). In questo sono ancora una novellina, la strada è lunga, ma… ditemi che ce la posso fare! (E suggeritemi altri titoli).

È stato l’anno delle donne, da Elizabeth Jane Howard che con la sua saga dei Cazalet (Fazi Editore) ha (quasi) scalzato Jane Austen dal podio del mio cuore, a Andrea Marcolongo che con La misura eroica (Mondadori) mi ha ricordato perché ho deciso di studiare Lettere all’Università (alla faccia di chi, proprio quest’anno, mi ha detto che «ho preso una laurea da fallita»).

Ma anche l’anno di due donne in particolare: Alessia Coppola e Felicia Kingsley.

La prima è stata capace di conquistarmi due volte: la prima volta con Il profumo del mosto e dei ricordi (Newton Compton); la seconda volta con Vision (La Corte editore). E la cosa formidabile è stata che si tratta di due romanzi di genere completamente diverso: un classico romanzo di formazione il primo, un distopico sci-fi il secondo: se l’ecletticità è un dono, il talento è un privilegio.

Felicia Kingsley la inserirei come “materia di studio” in un corso sul romance, se mai avessi la possibilità di organizzarne uno: Stronze si nasce e Una Cenerentola a Manhattan (Newton Compton) sono preziosi come i gioielli della Corona.

È stato l’anno in cui (dopo un’attesa di undici anni, forse di più) sono riuscita a leggere I demoni di Dostoevskij. Ma anche Revolutionary Road di Richard Yeats (Minimum Fax) e L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera (Adelphi) che avevo dall’anno scorso in TBR list.

E, tuttavia, se qualcuno dovesse chiedermi qual è il libro più bello letto nel 2018, la risposta è un ex equo: Lo straordinario di Eva Clesis (Las Vegas Edizioni) e Il compimento è la pioggia di Giorgia Lepore (E/O editore). E siccome sono entrambe pugliesi come me, posso dire che il 2018 è stato l’anno in cui ho scoperto – narrativamente – la mia terra e le mie origini (il fatto che il libro della Clesis sia ambientato a Milano è un dettaglio).

De Lo Straordinario vi ho parlato più diffusamente qui. Un formidabile quasi manifesto generazionale, scritto magistralmente, leggero, divertente e allo stesso tempo insinuante, persino catartico.

De Il compimento è la pioggia non ve ne ho parlato affatto, perché è il terzo di una serie e aspetto di poter recuperare i primi due prima di farlo, ma già così ha saputo conquistarmi con un personaggio, Gerry, di cui nella vita vera potrei (a mio rischio e pericolo) innamorarmi, e con la narrazione di una Bari – la mia Bari – per la prima volta ritratta senza stereotipi, così come la conosco e la vivo io. Città fragile, fatta di contraddizioni, contrasti, incoerenze.

Ma alla fine, vale sempre ciò che diceva Nazim Hikmet: «Il più bello dei figli deve ancora nascere». Il più bello dei libri, devo ancora ancora leggerlo. E con questo pensiero il bilancio si chiude sempre in attivo.

 

 

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