A Parigi con Colette di Angelo Molica Franco

A Parigi con Colette di Angelo Molica Franco è stato il volume con cui la Giulio Perrone Editore ha inaugurato quest’anno i Passaggi di dogana (qui trovate la recensione a un altro libro della stessa collana, New York, una città di corsa di Chiara Marchelli). Una collana editoriale che si pone all’interstizio tra narrativa di viaggio e narrativa storica, raccontando un luogo – in questo caso Parigi – secondo prospettive inedite: Colette e la sua incredibile e tumultuosa vita. Una proposta per palati raffinati, lettori curiosi e viaggiatori incalliti.

Si dice che viaggiare apra la mente e allarghi gli orizzonti. Si dice anche che ogni libro è un viaggio. Di fatto c’è chi viaggia badando solo all’atto pratico della cosa. E poi c’è chi vorrebbe viaggiare ma non può permetterselo. E più che il prezzo di un biglietto aereo, può pagare al massimo quello di un libro. Cioè io. Ecco perché per quelli come me, i libri, o più in generale le iniziative editoriali come questa, sono preziosissime: attivano la conoscenza prima della vis(i)ta e con un po’ di immaginazione ci si può trasportare non solo nello spazio, attraverso le pagine, in un posto meraviglioso come Parigi («dove tutto inizia e insieme si compie»), ma anche nel tempo, tornando indietro di un secolo o su di lì, insieme a un personaggio formidabile come Colette.

Sidonie Gabrielle Colette nacque il 28 gennaio del 1873 a Saint-Sauver-en-Puisaye, a due ore da Parigi, invero l’ultima tappa del libro di Angelo Molica Franco, ma non potrebbe essere altrimenti perché se da una parte è vero che è qui che incontriamo la Société des amis de Colette, che ha riaperto i battenti della casa natale della più grande icona del gusto del XX secolo, dall’altra quello tra l’artista celebrata e il suo paese natale non è mai stato un rapporto idilliaco: per una personalità debordante come quella di Colette, la provincia sonnolenta e perbenista era un nido troppo stretto da cui spiccare il volo al più presto.

Colette è stata una delle più potenti espressioni della sua epoca, una specie di mito internazionale: da scrittrice prolifica (dalla serie delle Claudine a Cheri, La fine di Cheri, Gigi) a attrice di cabaret arrivata a esibirsi nuda davanti a un pubblico fintamente scandalizzato, passando per la critica teatrale, il giornalismo di guerra, la scrittura per il cinema. Da esteta, è diventata anche estetista, o più precisamente commerciante di cosmetici (lanciò un proprio salone di bellezza a cui presterà il volto e il nome, alternando dimostrazioni di prodotti a firmacopie). Ebbe tre mariti e un amante, e fu più volte al centro di scandali per le sue disinibite relazioni sentimentali con personalità di ambo i sessi.

Da molti definita amorale per le sue scelte anticonformiste ed emancipate, di fatto la sua vita e la sua opera letteraria furono un inno alla libertà della donna, contro le convenzioni e le restrizioni morali dell’epoca, contribuendo in tal modo a infrangere alcuni consolidati tabù femminili, primo fra tutti quello dell’autorialità in campo narrativo: la serie delle Claudine vide la luce originariamente con il nome di Willy, il suo primo marito ed editore, e solo la sua strenua determinazione la portò a uscire dall’ombra, ad affrancarsi del patronato maschile e apporre la propria firma alle proprie opere.

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La Parigi bohèmienne, con i suoi salotti e i suoi teatri, i suoi caffé chantant, i circoli, i ristoranti (ogni primo martedì del mese Madame Colette era solita pranzare al Le Drouant), i nuovi orizzonti urbani, i nuovi luoghi di socialità per una città che era il cuore pulsante dell’arte e della cultura del tempo, tra pittori, scrittori, artisti di ogni sorta: questa è la Parigi di Colette.

            «È dunque per questo, e altri motivi, che Parigi fu il posto ideale per tutti coloro che avrebbero creato la letteratura e l’arte del XX secolo»

Dal Trocadero al Moulin Rouge (dove porta in scena la pantomima Rêve d’Égypte), al cimitero di Père Lachaise (dove riposano le sue spoglie mortali) al Salon Goncourt (dove si riuniscono i membri della giuria dell’omonimo premio letterario); e da Nathaly Clifford Barney a Marcel Proust, da un giovanissimo Truman Capote alla mitica Gertrude Stein, da Maurice Ravel a Jean Paul Sartre e Simone de Beauvoir, A Parigi con Colette è una sfilata di figure, spazi e memorie scritto con la raffinatezza di una prosa impressionista, senza pretese di esaustività né nel raccontare la città né l’emozionante biografia di questa donna «alta un metro e quarantotto, capelli biondi e conturbante spregiudicatezza», capace di anticipare e annunciare la stagione del «romanzo di fantasia», nell’epoca del decadentismo estetizzante e dopo l’impetuosa temperie del naturalismo.

Un libro breve ma intenso, un elegante gioco di specchi in cui le persone rimandano ai luoghi e i luoghi ai ricordi, uniti da un sincretismo in cui i due protagonisti principali, Parigi e Colette, si fondono fino a diventare quasi una cosa sola.

 

 

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