Vision di Alessia Coppola

Eclettica, camaleontica, trasversale. Non teme le etichette e le classificazioni, considera la scrittura una delle espressioni più alte di libertà e rispetta a tal punto i suoi lettori da fidarsi della loro capacità di cogliere il cuore che palpita in ogni sua opera, a prescindere dal genere che sceglie. Stiamo parlando di Alessia Coppola, che dopo aver incantato i lettori con Il profumo del mosto e dei ricordi (Newton Compton Editori), torna in libreria con Vision, uno sci-fi distopico, pubblicato da La Corte Editore, presentato in anteprima all’ultimo Salone del Libro di Torino e finalmente disponibile da domani in tutte le librerie fisiche e on line.

Romanzo dal respiro post apocalittico, Vision è ambientato nel 2486, trecento anni dopo che un misterioso virus ha colpito gli abitanti della Terra. I superstiti si sono concentrati su un’isola del Pacifico, costituendo una colonia isolata dal resto del pianeta e denominata Meridian City. All’apparenza, per i suoi abitanti (che del passato della loro civiltà conoscono poco o niente) Meridian City è perfetta: i cittadini ‒ frutto di un’attenta selezione genetica ‒ vivono su palazzi altissimi, si spostano su globi di vetro sospesi su funi di luce, nessuno conosce la pioggia e il freddo, la temperatura è mantenuta costantemente a 24°. È il «centro del mondo e il punto di congiunzione di tutte le energie». Le razze sono suddivise in gruppi a cui è consentito instaurare legami pacifici ma non mescolarsi, le gerarchie sono intoccabili come caste e nessuna legge può essere messa in discussione, pena l’isolamento, o peggio, la morte.

Tra loro, Reika 0 si sta preparando per le Olimpiadi, una gara a cadenza annuale che decide il ruolo di ciascun individuo all’interno della società e ufficializza il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, quando vede un volatile, un uccello comune che tuttavia a Meridian non dovrebbe esistere visto che non esistono animali. Un banale “incidente” che testimonia come non tutto, in questa sorta di Eden futuristico, è come sembra. Internata e isolata, riesce a trovare il modo di fuggire anche grazie a un potere sconosciuto che non sapeva di avere: vedere e proiettarsi oltre la materia.

 

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Fuori da Meridian, Reika incontrerà Ares e gli altri Sopravvissuti, gli esclusi, esposti, incalzati e assediati da una minaccia ben peggiore di un virus, da un inganno, lo stesso inganno, in effetti, che tiene in scacco la civiltà perfetta da cui proviene Reika. Meridian e i Sopravissuti sono due facce della stessa medaglia, un frutto scisso dello stesso seme.

La loro unione darà inizio a un’epica battaglia per la verità e la conoscenza – che è anche conoscenza di se stessi – per giungere, forse, alla libertà. Forse. Perché il finale aperto lascia presagire che questa storia non finisce qui, che altri scontri, altri incontri, altri intrecci aspettano i protagonisti prima che il loro percorso possa considerarsi concluso.

Menzogna, conoscenza, verità e libertà sono i termini dell’equazione su cui Alessia Coppola fonda una trama che non è solo intrattenimento ma anche una profonda e articolata riflessione su valori che diamo spesso per scontati senza accorgerci che il mondo attorno a noi prova regolarmente a smontarli per ricostruirli a suo personale uso e consumo, assegnandoci spesso una vita che assomiglia più a un copione da recitare che a un’esperienza unica e originale, quale invece dovrebbe essere.

«Conoscere è un’arma a doppio taglio.

Chi è in possesso della verità è libero. Eppure si logora per ogni menzogna che, come una serpe, striscia e avvelena. Chi invece è all’oscuro di tutto vive meglio, o semplicemente, sopravvive.»

Narrato in prima persona, secondo il punto di vista multiplo dei diversi protagonisti, questo romanzo è come un prisma che riflette un caleidoscopio di emozioni, sensazioni, visioni – appunto – tra i quali il lettore riconosce sempre un po’ di se stesso. La scrittura è precisa e preziosa nell’elaborare una realtà visionaria ma trattata con un formidabile grado di verosimiglianza che, lungi dallo straniare, assorbe totalmente chi si trova dall’altra parte della pagina, introiettandolo nella storia.

Posso dirlo senza remore: è stato difficile, nel corso della lettura, non pensare a certi riferimenti attuali, a certi episodi, certe manipolazioni dell’informazione, certi separatismi forzati, a certi primati assegnati in base a presunte superiorità di razza. Questo, badate bene, non fa di Vision un manifesto politico (anche perché verosimilmente il plot è stato concepito molto prima dell’instaurarsi dell’attuale clima sociale di questo paese, e benché vada dato atto ad Alessia Coppola di possedere una lungimiranza che sfiora il dono della sua protagonista). Si intende, molto più semplicisticamente, che siamo di fronte a un romanzo di spessore, frutto di uno studio attento e oculato, di un’intelligenza in grado di mutuare elementi alla tradizione e alla Storia per risemantizzarli in chiave sì immaginifica ma non per questo meno contingente. 

Una prova non facile ma che questa giovane autrice ha affrontato a testa alta, una sfida superata col talento di chi ha la scrittura dentro, afflato insopprimibile e inderogabile vocazione. Il che va a tutto vantaggio di noi lettori.

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