Se avete amato L’ombra del vento di Carlos Ruiz Zafón, La ragazza che guardava fuori di Lorena Franco (Piemme Editore) è un libro che, assolutamente, non potete perdervi. Non si tratta solo di un omaggio a uno dei romanzi – quello di Zafón – che più hanno catturato i lettori in questi ultimi 15 anni, ma anche di un thriller che riprende e rimanda, in un formidabile gioco di specchi distorcenti, le stesse atmosfere barcellonesi decadenti e fosche, gli stessi eclettici contrasti, le stesse ombre squarciate da luci improvvise che avvolgevano la storia di Daniel Sempere e Julian Carax, nonostante tra una storia e l’altra ci sia uno spartiacque temporale di oltre settant’anni. Ma a parte questo, La ragazza che guardava fuori offre una trama originalissima, un thriller psicologico mozzafiato capace di tenere il lettore incollato alla pagina fino all’ultimissima parola.
Siamo nell’estate del 2015. Andrea, poco più che trentenne, sposata con Nico, un avvocato di successo, trascorre tutto il suo tempo a spiare fuori dalla finestra della sua villetta, in un quartiere residenziale di Matarò, alla periferia di Barcellona, dove non succede mai niente. Ci si è trasferita col marito dopo la misteriosa morte della sua vicina e amica Clara avvenuta nella stessa stradina di Calle Santa Anna, all’angolo con l’avenida Portal de l’Àngel dove viveva, nella finzione narrativa, Daniel Sempere, protagonista del «più grande romanzo di tutti i tempi (almeno secondo me)», L’ombra del vento di Carlos Ruiz Zafón.
«Quanto bisogna essere matte e fissate con un libro per andare a vivere nel posto dove abitava il protagonista, un essere del tutto immaginario?»
Esattamente due anni dopo il trasloco, Andrea è una donna alla deriva, in crisi col marito, col quale non riesce ad avere il tanto sospirato figlio, drogata di tranquillanti e ansiolitici di solito mischiati a generose dosi di whiskey per tentare (invano) di placare le sue inquietudini e la voce dei suoi demoni interiori che le bisbigliano continuamente nella testa. Vorrebbe scrivere un romanzo, ma tutto quello che riesce a fare è osservare le vite degli altri appostata dietro i vetri della finestra della cucina «per non dover pensare alla mia, che sta andando a rotoli». Da lì osserva il misterioso Federico, che ogni notte, alle 2.00 precise, getta enormi sacchi della spazzatura nei bidoni; la vecchia Dolores ossessionata dai fiori e dalla morte della sorella; la giovane Alicia e il suo debosciato compagno Ismael. Ma soprattutto osserva Carlos e Maria, la coppia della casa di fronte alla sua. La coppia perfetta, tutto ciò che Andrea e Nico non saranno mai più. O almeno questo è quello che pensa Andrea, capace di inventarsi una storia più o meno macabra o più o meno fiabesca a seconda dei personaggi che vede scorrere al di là dei vetri della sua finestra. Ma può, una psiche disturbata come quella di Andrea, segnare un confine, distinguere nettamente tra finzione e realtà? Ha davvero visto Maria andarsene in compagnia di Victor, il suo misterioso cognato riapparso improvvisamente dopo 15 anni, in fuga da San Francisco e da un mare di guai, alle due del mattino di giovedì 11 giugno? Lui è tornato. Lei, da quel momento, non si è più rivista.
La verità è che «nessuno è chi dice di essere» e che «tutti sappiamo molte più cose di quelle che crediamo». Cosa sa Andrea che non riesce a ricordare? Dov’è finita Maria? Chi è Victor in realtà? Quali sconvolgenti misteri racchiude nella scatola di latta con un arcobaleno dipinto sul coperchio e che tiene nascosta sotto il letto della camera degli ospiti? Carlos è davvero il marito perfetto che Andrea si era immaginata? E Nico?
Ogni domanda assomiglia a uno di quei puntini unendo i quali, nei giochi di enigmistica, si ottiene una figura completa. Peccato però che ogni puntino, o tessera del puzzle che dir si voglia, è in mano a un giocatore diverso che racconta o nasconde una parte della storia. E qui si tratta di scoprire la verità o morire.
La ragazza che guardava fuori è un romanzo corale, in cui a ogni capitolo corrisponde una voce narrante diversa e dunque una diversa angolazione dalla quale ognuno racconta la sua parte di verità, mescolando passato e presente, fantasmi e allucinazioni, fatti concreti e crudelmente reali e, nel frattempo, interpreta il suo ruolo. Una peculiare scelta strutturale, che contribuisce a mantenere la suspense dei lettori a livelli vertiginosi, anche perché ogni capitolo si chiude con un perfetto cliffhanger e una svolta imprevista, per cui fino al finale, davvero sconvolgente, non si può mai dire chi è chi e chi ha fatto cosa.
Di più, una scelta strutturale che sdoppia l’indagine, trasferendola anche nella mente dei protagonisti, mostrandoci le tortuosità dell’animo umano e gli aggrovigliati labirinti della mente nei quali è facile, forse, entrare ma molto più complicato è trovare una via d’uscita, perché le ossessioni si trasformano in vizi e il limite tra normalità e pazzia, sanità e malattia, è davvero più sottile di un filo di seta e, consapevoli o meno, tutti noi ci camminiamo sopra in equilibrio molto più che precario.
Oltre a essere un thriller geniale, La ragazza che guardava fuori di Lorena Franco è una sfida, vinta, con altri best seller dello stesso genere: penso a La ragazza del treno di Paula Howkins (edito sempre da Piemme) o a L’amore bugiardo (Rizzoli) di Gillian Flynn, o, ancora La verità sul caso Harry Quebert di Joël Dicker (Bompiani) per citare alcuni tra i romanzi che hanno stabilito i nuovi standard narrativi del thriller contemporaneo. Mistero, azione, suspense, ricerca dell’identità, enigmi, delitti, il tutto sullo sfondo di quello che per molti è diventato il libro feticcio della nostra generazione, e che non a caso parla spagnolo, proprio come Lorena Franco in La ragazza che guardava fuori.
«In genere il destino si apposta dietro l’angolo. Ma non fa mai visite a domicilio. Bisogna andare a cercarlo»
L’ombra del vento, Carlos Ruiz Zafón
Una opinione su "La ragazza che guardava fuori di Lorena Franco"