Il segreto di Luca scritto da Ignazio Silone nel 1955 (mondadori editore) è «un vero romanzo, un romanzo d’amore come sono tutti i veri romanzi» [Elena Croce], sebbene i primi capitoli tutto indicano fuorché gli elementi topici del romanzo d’amore.
Una declinazione del giallo, una critica socio-antropologica dell’Italia centro meridionale dell’immediato secondo dopoguerra (la storia si svolge in Abruzzo, in una fantomatica provincia de L’Aquila), un’investigazione umanitaria dell’esistenza umana e dei suoi doppi fondi, una schietta riscoperta dell’eredità cristiana, una sottile e nondimeno caustica denuncia – benché più attenuata che altrove, si pensi per esempio al più celebre Fontamara – di taluni costumi sociali e politici:
«Scusami, ti prego, ma la mia concezione dell’uomo politico è del tutto opposta all’ordinaria. L’uomo politico, io penso, deve studiare e risolvere problemi collettivi e non procacciare favori personali»
Ecco, Il segreto di Luca di Ignazio Silone (peraltro basato su un fatto vero) offre al lettore molteplici spunti interpretativi e solo nel finale scopre la sua identità di «romanzo d’amore».
La storia inizia con l’inaspettato ritorno a Cisterna di Luca Sabatini, ormai settantenne, dopo quarant’anni trascorsi in carcere, condannato all’ergastolo per un omicidio di cui si è sempre dichiarato innocente ma, allo stesso tempo, per il quale ha sempre rifiutato di difendersi e da cui è stato finalmente scagionato dopo la tardiva confessione del vero colpevole.
Il suo arrivo provoca sgomento e irritazione tra i suoi compaesani, soprattutto tra i più vecchi, quelli che ancora ricordano il suo arresto e il processo e la condanna, e per i quali, nonostante sia stato appurato il suo effettivo stato di innocenza, non esiste perdono né riconciliazione di sorta:
«Tu hai esautorato la punizione più terribile rimasta al nostro codice dopo l’abolizione della pena di morte. Sopprimi la paura dell’ergastolo, e in questo paese non si potrà più vivere»
Gli unici che lo accolgono con un minimo di solidarietà sono il vecchio parroco, Don Serafino, e il giovane Andrea Cipriani che, seppure non ancora nato all’epoca dei fatti, si sente legato a Luca da un vincolo fraterno, maturato in una sorta di comunione di anime non dovuta solo al fatto che il padre di Andrea era stato il miglior amico di Luca, ma anche dalla profonda comprensione per l’ingiustizia subita, essendo stato a sua volta in carcere per essersi opposto al regime fascista.
Non a caso, sarà proprio la caparbia volontà di capire cosa si celi dietro l’innocenza negata dell’amico, la reticenza di chi sa ma non vuole parlare a riportare a galla, dopo quarant’anni, il segreto di Luca. È Andrea il vero protagonista, anche se è la vicenda (passata) di Luca a fornire l’ordito per la trama. È lui a condurre le indagini sul passato, interrogare i testimoni, raccogliere le prove, rimettere insieme i pezzi di un puzzle che appare fin dal principio pieno di tasselli intenzionalmente mancanti, omissioni, lacune, errori umani e giudiziari, per scoprire, infine che «dietro ogni storia ce n’è sempre un’altra. Come si fa a sapere quale sia la vera?».
Si fondono, nell’economia complessiva del romanzo, elementi neorealisti, veristi, regionalisti, espressionisti, persino spiritualisti che spesso possono confondere il lettore ma che non disattendono in nessun caso lo stimolo a proseguire nella lettura per svelare il segreto di Luca. E magari servire da incentivo per il pubblico dei lettori per approfondire la conoscenza delle altre opere di Ignazio Silone.