Meglio sole che nuvole di Jane Alison

Meglio sole che nuvole di Jane Alison (NN Editore) è un romanzo straniante, ma lo straniamento del lettore è parte del gioco intrapreso dall’autrice che non a caso ha scelto come ispirazione le Metamorfosi di Ovidio: «Fin dall’inizio la mia guida nella terra dell’amore».

J è una donna con ormai un certo numero di anni e di amori alle spalle (un marito, una serie di fidanzati senza arte né parte – Par-T-Boy, l’Avvocato Addolorato, il Diavolo e, l’ultimo, il più spietato, Sir Gold), un catalogo di comici disastri, con un’intensa vita immaginaria e una altrettanto sterile vita sentimentale che vive in un palazzo di vetro a Miami Beach, una sorta di Love Boat abitata da strampalati inquilini, insieme al vecchio gatto, cieco e incontinente, Buster. Sua madre ha avuto una lunga carriera con gli uomini, e per quanto ormai anziana e malata, rifiuta di trasferirsi in una casa di riposo. I rapporti più stretti sono quelli con la sua amica K con cui comunica rigorosamente per mezzo di messaggi scritti con un’ortografia da attacco di orticaria perpetua:

Mi piacerebbe ke tu trovassi un essere animato. Non 6 in un pensionato

L’amore è sicuramente una cosa meravigliosa ma J evidentemente «non è un paese per uomini» e sta più comoda nei panni di spettatrice di vite altrui e altrui vicende, e più ancora in quelli di traduttrice di Ovidio: ventiquattro racconti in versi tratti dalle Metamorfosi e che più che traduzioni vere e proprie sono manipolazioni «tratte dai sistemi di trasformazione di Ovidio, più l’atomismo antico e la scienza studiata in terza media».

Così trascorre la sua esistenza, tra un racconto rielaborato dal latino e uno rimaneggiato nella vasca della piscina a clessidra condominiale dove i vari N. P. J. e gli altri cercano di dare un senso alle cose più banali ma allo stesso tempo più complicate, e trattengono il fragile equilibrio tra l’amore e il tempo che fugge nel variegato ecosistema della vita.

«E forse questo è sufficiente. È sufficiente avere ricevuto un po’ d’amore, un tempo. Anche se non ha funzionato a lungo. Forse è sufficiente averne ricevuto in passato, e adesso vivere solo con i suoi frammenti, e non c’è proprio niente di male se dedichi l’amore che ancora ti resta a un vecchio gatto o a un’anatra, ai pochi cari amici, a tua madre. Sull’arca non tutti sono in coppia.

Parte dello straniamento per il lettore deriva dal fatto che in Meglio sole che nuvole, Jane Alison non si preoccupa di costruire una vera e propria trama (i personaggi, per esempio, non hanno nomi, sono identificati per mezzo di iniziali o soprannomi) mentre la narrazione procede per frammenti, immagini, interpolazioni, in uno stile che si potrebbe anche definire metafisico ma che a mio parere rasenta molto l’impressionismo pittorico con la sostituzione delle parole ai colori e prendendo per buona la definizione ortodossa dell’impressionismo che vedrebbe nella riscoperta del paesaggio ‒ Belle Isle, la Venetian Causeway e tutta la Costa Brava di Miami Beach in questo caso – così come nella percezione piuttosto che rappresentazione di fatti, avvenimenti e personaggi di mutevole umanità, la chiave per interpretare il messaggio fissato sulla pagina da questo romanzo, che, altrimenti, apparirebbe più che altro come un mero esercizio di stile.

«Le parole scritte sono parte del problema? Tradurre, trasporre, è parte del problema? Prima dell’invenzione della scrittura, le parole nuotavano da sole nella testa della gente? […] Le cose al tempo di Omero erano diverse? O siamo sempre stati tutti una piscina privata di parole che nuotano mute?»

Meglio sole che nuvole è un romanzo ironico e leggero, di atmosfera più che di sostanza, in cui se da una parte il lettore si trova spiazzato per l’assenza di una storia da seguire nei suoi viluppi e sviluppi, dall’altra è facile che si trovi in pace e in armonia con i pensieri di J, le sue riflessioni sempre sull’orlo della speculazione filosofica. Oppure che si ritrovi – ed è quello che è successo a me – nel suo sconfinato amore per Ovidio che «ha trasformato il dolore in arte».

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