Il Salone internazionale del libro di Torino lancia, in preparazione alla manifestazione che si svolgerà anche quest’anno dal 10 al 14 maggio presso il Lingotto Fiere, cinque domande rivolte a scrittori, a scienziati, artisti, lettori. Si tratta di domande che spaziano dal rapporto dell’individuo con se stesso, con la spiritualità, la scienza e, ovviamente, l’arte, allo stato del mondo, come si presenta oggi e chi lo erediterà domani.
Tutte le risposte, e sottolineiamo che chiunque può rispondere, saranno raccolte in un sito dedicato a partire da aprile, basta inviare una mail a :
Ho provato a rispondere anch’io. Non è stata un’operazione semplice perché implica un lungo lavoro di confronto con se stessi che non sempre restituisce l’immagine che ci piacerebbe dare di noi agli altri. E, tuttavia, è un lavoro utile, un’analisi di chi siamo, di chi vorremmo essere, cosa pensiamo, proviamo, desideriamo che può destabilizzare ma più di tutto arricchire.
Mi piacerebbe che anche i lettori di questo blog provassero a rispondere, magari lasciando nei commenti un proprio feedback a una o a più domande.
Chi voglio essere?
La nostra identità è in continua costruzione. Nell’epoca del culto di sé, chi aspiriamo a essere? Che rapporto c’è oggi tra l’essere se stessi, il conoscere se stessi e il diventare se stessi?
Una volta credevo che essere se stessi fosse un work in progress, un puzzle a cui aggiungevamo tasselli man mano che incontravamo situazioni nella vita che ci mettevano alla prova. In parte lo credo ancora. Per una parte ancora più grande, però, so che non è proprio così: le situazioni possono cambiare, e se non posso (e chi mai potrebbe?) dare per scontate le mie reazioni, posso ragionevolmente prevederle. Un vantaggio? Macché, una catastrofe! Perché pur sapendo che la mia risposta a quella determinata azione potrebbe essere, potenzialmente e verosimilmente sbagliata, mi ostino a… essere me. Per una forma molto poco astuta, e soprattutto inutile, di coerenza.
In altre parole, conosco me stessa, sono me stessa, ma non chi voglio essere. È una differenza che c’è e che ho, con molto rammarico, imparato a riconoscere. È un po’ frustrante sapere chi si vuole essere e non riuscirci. È un fallimento, una colpa, una delusione. Mi chiedo se ci sia un limite anagrafico oltre il quale non è più possibile diventare se stessi. Perché, nel caso, più passa il tempo e meno vita mi avanza per diventare la persona che vorrei.
«Sapere dove è l’identità è una domanda senza risposta»
José Saramago
Perché mi serve un nemico?
I confini ci proteggono oppure ci impediscono di incontrarci e cooperare? Come e perché li tracciamo? Abbiamo bisogno di costruirci un nemico per poter sperare di non averne?
Il mio nemico non è un confine. È un limite. Pur rappresentando quel qualcuno che sicuramente non voglio essere, il sentimento che suscita equivale a un dolore che, alla fine, trafigge solo me. E tuttavia ne ho bisogno. Incontrarsi e cooperare è un ideale al quale ho dedicato molto tempo della mia vita, ma di fatto richiede un principio di reciprocità che non sempre viene condiviso: accade allora che ci sia un’invasione della tua vita da parte di soggetti che non hanno nessuna intenzione di collaborare a farti crescere con la loro diversità e piuttosto scambiano l’incontro con la conquista e la sottomissione dell’altro. In questo senso, ho imparato a mettere delle sentinelle a guardia di me stessa e a tracciare confini non inamovibili ma nemmeno più così fluidi come erano un tempo.
«Possiamo imparare persino dai nostri nemici»
Ovidio
A chi appartiene il mondo?
Tra cent’anni la nostra Terra potrebbe essere meno accogliente di oggi. La forbice tra ricchi e poveri si allarga. Il lavoro si trasforma e può ridursi. Milioni di persone sono costrette a lasciare la propria casa. Di chi è il mondo? Chi deve prendersene cura?
Il mondo appartiene ai potenti, ai prepotenti, agli scaltri, agli ipocriti, ai bugiardi. Di fatto sta che costoro non sono interessati a prendersene cura quanto piuttosto a sfruttarlo.
«La verità, pensava lui, non era mai stata di aiuto a nessun essere umano, è una specie di simbolo che perseguono matematici e filosofi. Nelle relazioni umane gentilezze e menzogne valgono mille verità»
Graham Greene
Dove mi portano spiritualità e scienza?
Scienza e religione hanno dato forma alla nostra storia e al nostro pensiero. Ma sono state usate anche come strumenti di oppressione. C’è oggi una promessa di cambiamento e di futuro nella spiritualità delle religioni, nel rigore delle scienze? O altrove?
Il positivismo è fallito.
La spiritualità è connaturata all’essere umano. Nessun individuo, a mio parere, può dirsi totalmente privo di una sua parte puramente spirituale. La religione, ogni religione, è un’altra cosa: un’impalcatura eretta dagli uomini, manipolata e condizionante. La scienza non è una creazione umana ma scoperta, impegno, scelta. Entrambe possono essere reazionarie e rivoluzionarie al tempo stesso. Sia l’una che l’altra mi portano a uno scontro laddove invece io cerco l’incontro.
«Ci sono leggi che governano il mondo e che non sono fatte né pro né contro di noi. Quando scoppia il temporale non te la prendi con nessuno, sai che la folgore è prodotta da due polarità elettriche, le nuvole non ti conoscono. Non puoi muovere loro alcun rimprovero. E del resto sarebbe assurdo, non capirebbero»
Irène Némirovsky
Che cosa voglio dall’arte: libertà o rivoluzione?
La creazione artistica può bastare a se stessa? O deve porsi l’obiettivo di cambiare le cose? Libertà o rivoluzione: cos’è l’arte, e che cosa deve e può dare a tutti noi?
Libertà. La rivoluzione è di pochi e per pochi. L’arte rende liberi, affranca il pensiero, emancipa l’individuo. O dovrebbe. Quella vera. Quella che nasce come istinto originale e potente.
«Per me l’arte viene prima della democrazia»
Alfred Hitchcock