GIGI di Colette

Gigi di Colette, pseudonimo di Sidonie-Gabrielle Colette (Adelphi Editore), è un libricino veloce da leggere, divertente, delizioso, leggermente provocatorio, fiabesco ancorché basato su una storia vera. Un rosa moderato cantabile (non a caso ne sono stati tratti un musical per Broadway e un film musicale per la regia di Vincent Minelli con protagonisti Maurice Chevalier e Leslie Caron) ma anche una parabola ascendente, una metafora sull’autodeterminazione della donna anche in amore. Un argomento, per dire, sempre attuale.

Siamo nel demi-monde della Parigi di fine ‘800, in cui le «angolazioni morali» si smussano, per le strade sfrecciano le prime automobili «alte e leggermente svasate», e le stelle della società sono Caroline Otero e Liane de Pougy, celebri cocotte delle cui imprese amorose sono pieni i giornali come Paris en amour e Gil Blas.

Gigi, vero nome Gilberte, è una graziosa quindicenne che vive, insieme alla nonna, la signora Alvarez e alla madre, Andrée, una cantante di second’ordine, entrambe nubili, in condizioni povere ma dignitose. Di fatto l’educazione di Gigi è affidata alla nonna e alla zia Alicia, sorella maggiore della signora Alvarez, un’altra cocotte che vive di rendita e che si occupa di impartire alla nipote lezioni di discutibile utilità.

Infatti, in accordo con la signora Alvarez, vorrebbe fare della nipote una mantenuta di alto bordo, progetto, questo, che non riscuote grande interesse da parte di Gigi, troppo naïve, troppo impegnata a sbrogliare la matassa del passaggio dall’adolescenza alla maturità per mostrare alcun tipo di ambizione o pronostico sul proprio futuro.

Gaston Lachaille è un vecchio amico di famiglia, ricco industriale dello zucchero e navigato uomo di mondo. Le sue maniere semplici e spigliate, e i piccoli regali che sempre si ricorda di portare a Gigi, gli hanno guadagnato una particolare simpatia da parte della fanciulla, che lo considera praticamente uno zio.

Finché un giorno, per caso, vedendo Gigi con indosso un abito nuovo e alla moda, Gaston si accorge che la piccola sta sbocciando in donna, e avvenente per giunta. Il resto è intuibile, reso tuttavia più complicato dalla reazione della stessa Gigi che nutre per se stessa aspirazioni altre e più alte, che non si accontenta e preferisce la fresca insicurezza dei sentimenti all’avvizzita certezza di un momento di effimero godimento.

We'll make you blush!

Gigi è una donna disposta ad amare ‒ attivamente, determinatamente ‒ piuttosto che a subire il fuoco fatuo delle passioni che una volta consumate non le lasceranno che gioielli preziosi da guardare, non toccare, mementi di un tempo che fu. Ma i gioielli, per quanto preziosi, sono oggetti freddi e duri che non consolano, non scaldano, non riempiono una vita né le danno pienamente senso.

Da questo punto di vista, Colette costruisce un modello di donna straordinariamente moderna, consapevole di se stessa, decisa, indipendente, una donna nella quale le ragazze del XXI secolo possono ancora credere e riflettersi, assumere a esempio (anche per dire NO a situazioni pseudo-vantaggiose che svilirebbero, tuttavia, proprio il fatto di essere donne).

Certo, Colette con Gigi ha voluto scrivere una commedia, non un manifesto femminista: da commedia è la struttura che predilige il dialogo serrato, le battute da slapstick comedy (appunto), la leggerezza che si respira per tutto l’arco narrativo. Ma Colette sa come non far rimare lievità con vacuità, sa come costruire una storia, dar forma a personaggi che, pur senza impegnare l’intelletto dei lettori con speculazioni metafisiche non ne sacrificano l’intelligenza, restando indelebili e ben presenti nella memoria collettiva anche a settant’anni di distanza.

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